Telefonata choc, capo scout minacciato di morte

Potenza Picena, il racconto di Matteo Carlocchia: "Urla in arabo, ho sporto denuncia"

Capo scout minacciato di morte al telefono (foto d’archivio)

Capo scout minacciato di morte al telefono (foto d’archivio)

Potenza Picena (Macerata), 7 marzo 2016 – Minacciato di morte al telefono: nel mirino un ragazzo di 38 anni, Matteo Carlocchia, responsabile regionale dell’Agesci, associazione scout cattolica.

«Sabato sera verso le 23.30, mentre dormivo, ho ricevuto una telefonata anonima – racconta –. Dall’altra parte un ragazzo dall’accento arabo. Non ho ben capito tutto quello che ha detto, ma di sicuro ricordo perfettamente di avere sentito bestemmie in italiano, frasi del tipo ‘ti ammazzo cristiano di m...’ e in conclusione ha inneggiato ad Allah. Poi la telefonata si è interrotta. In sottofondo si sentivano altre persone parlare ad alta voce. Ho chiamato subito un amico che lavora alla Digos, il quale mi ha invitato ad andare in caserma per denunciare l’accaduto. E così ho fatto. Ho sporto denuncia. Voglio ringraziare la polizia per la gentilezza e la cortesia dimostrate nei miei confronti».

«Mi auguro si tratti soltanto di uno scherzo di pessimo gusto – sottolinea Carlocchia – ma onestamente il tono dell’interlocutore mi è sembrato molto cattivo, non ho avuto la sensazione che si trattasse di uno scherzo. Tra l’altro non riesco proprio a immaginare il motivo di questo gesto. In fondo sono sempre stato favorevole all’integrazione. Sono cristiano, e con ciò?»

Quando Carlocchia si è presentato dalla polizia, gli agenti gli hanno chiesto se ci fosse una spiegazione plausibile. «Non mi veniva in mente nulla – continua lui – poi ieri mattina ho pensato all’iniziativa organizzata dall’Agesci della zona di Macerata. Si trattava di un convegno sull’integrazione. Ho pensato che la ragione della telefonata potesse essere quella, così ho avvertito la polizia. Ma in realtà non lo so, non sono sicuro che ci sia un motivo in particolare. Non so cosa pensare, mi sono preso un bello spavento, ma non ho paura. È normale che il primo pensiero sia andato alla mia famiglia e ai miei figli, ma di sicuro questo fatto non inciderà su quello in cui credo, il dovere dell’accoglienza nei confronti dell’altro».