Civitanova, 20 aprile 2014 - «IN QUESTO processo nessuno ci ha mai interpellato e così non emerge mai con chiarezza che non abbiamo tolto niente a nessuno. Quando li abbiamo occupati i locali di via Parini erano vuoti, erano un ricettacolo di tossicodipendenti, in stato di degrado e abbandono, pieni di sporcizia e siamo stati noi e ripulirli e a chiamare i camion del Comune per portare via l’immondizia. Noi li abbiamo riqualificati e abbiamo trasformato quell’edificio in un luogo di aggregazione da cui nascono iniziative culturali e sociali e di questa attività chi ci conosce ne è consapevole».

I ragazzi del centro sociale Jolly Rogers dal 2011 occupano la struttura che ospitava la ex Caritas, che venne chiusa per decisione della Asur, e reagiscono alla sentenza emessa dal Tribunale di Macerata che li obbliga a lasciare i locali di cui è proprietaria la Diocesi di Fermo. Sarà il vescovo Luigi Conti a valutare come procedere, e tra le ipotesi esiste anche quella dello sgombero forzato. Ma, non è detto, perché il Jolly Rogers non si metterà sulle barricare se quei locali verranno trasformati in un centro di accoglienza, anche notturno, per i poveri, come ha annunciato di voler fare la Curia che vorrebbe ristrutturare per realizzare mensa e dormitorio.

«Siamo d’accordo — dicono — con la destinazione sociale, perché è ciò che stiamo portando avanti anche noi fin da quando ci siamo insediati qui. A questo perciò non siamo contrari, ma vogliamo veder il progetto, perché quel che ci risulta è che l’edificio è incluso nella lottizzazione Ceccotti, destinato ad essere demolito per realizzare una palazzina e appartamenti. Se invece il progetto è rivolto al sociale, siamo interessati e chiediamo che il Comune entri nella mediazione». Quanto alla possibilità di usare la forza, che don Vinicio Albanesi aveva ipotizzato durante un convegno organizzato dalla fondazione don Lino Ramini, reagisce il Jolly Rogers: «Siamo sorpresi, anche un po’ disturbati, dal fatto che don Vinicio abbia fatto una dichiarazione con cui giustifica l’uso della forza, proprio lui che gestisce la comunità di Capodarco che viene da una storia di occupazione, esattamente come la nostra». La questione è stata affrontata anche in un incontro tra il sindaco e il questore alla ricerca di una mediazione tra le parti.