Bologna, 1° aprile 2012 - "COME per tutti gli altri introiti, useremo le entrare derivate da questa eredità per le opere di culto e di carità". Sono le parole di monsignor Gian Luigi Nuvoli, economo dell’Arcidiocesi di Bologna. Giovedì mattina, nello studio del notaio Sergio Bertolini, la curia bolognese ha scoperto di essere stata nominata erede universale del dottor Michelangelo Manini, presidente e proprietario del gruppo Faac, scomparso il 17 marzo scorso. Un testamento che spicciolo più spicciolo meno, tra multinazionale, immobili, quote aziendali e liquidità vale un miliardo e 700 milioni di euro. «I primi ad essere sorpresi siamo stati noi — prosegue monsignor Nuvoli — Conoscevamo la Faac solo come clienti, perché molte parrocchie hanno installato un cancello automatico».
Come spiega il lascito?
«I collaboratori del dottor Manini ci hanno detto come fosse un uomo impegnato in iniziative di beneficenza. Questo testamento è stato redatto agli inizi degli anni novanta, un mese dopo la scomparsa della madre, ed esprime chiaramente le sue volontà: se noi rifiutassimo l’eredità, a noi subentrerebbe la Croce Rossa e se anche questa rifiutasse tutto andrebbe allo stato italiano».
Qual è la prima cosa che farete?
«Domani ci sarà un consiglio di amministrazione. In quella occasione comunicheremo la nostra volontà di proseguire nella direzione portata avanti dal dottor Manini, che ha reso il gruppo leader mondiale nel suo settore».
Alla Curia non converrebbe vendere, invece che assumersi la responsabilità della gestione?
«Il testamento è chiaro. Avendo nominato l’arcidiocesi di Bologna sua erede universale, il dottor Manini ha lasciato tutti i suoi beni in eredità alla Chiesa, che ha principi ai quali non è possibile derogare. Tra questi vi è quello che mette l’uomo davanti al profitto. L’amministratore delegato della Faac, Andrea Marcellan, ci ha spiegato il clima di grande incertezza che si respirava nella sede di Zola Predosa dopo la scomparsa del presidente. Si temeva che il socio straniero di minoranza potesse acquisire tutte le quote e chiudere lo stabilimento. Più di duecento dipendenti sarebbero rimasti senza lavoro e questo non possiamo consentirlo. Abbiamo delle responsabilità: onorare la memoria del benefattore ed evitare che di punto in bianco tante persone si trovino in difficoltà».
Come utilizzerete i guadagni della Faac?
«Anticipo facili battute, dicendo che questi soldi non andranno ai preti: io continuerò a percepire il mio stipendio e le mie 12 mensilità mentre non percepirò nessun compenso come manager. Il diritto canonico è molto chiaro: i soldi dovranno essere impegnati in opere di culto e di carità. Per opere di culto si intende la ristrutturazione di chiese e santuari, e le azioni pastorali necessarie per la conservazione, la divulgazione e la promozione della fede. Le opere di carità sono, invece, quelle che sostengono le famiglie o l’individuo che stanno attraversando un momento di difficoltà economica. Siamo in un periodo di crisi e vorrei ricordare come la Chiesa di Bologna quotidianamente stia facendo la sua parte».
Domani parteciperete al primo cda e indicherete l’avvocato Andrea Moschetti come vostro rappresentante e prossimo presidente della Faac. Ci spiega i motivi di questa scelta?
«E’ una persona molto preparata che ha già seguito in modo soddisfacente altre nostre questioni. Abbiamo novanta giorni per accettare questa eredità e dobbiamo muoverci in modo serio e responsabile».

di Massimo Selleri