Bologna, 14 maggio 2012 - I ‘fannulloni’ che rischiano un processo sono rimasti tutti al loro posto di lavoro e in qualche caso, anzi, sono stati anche promossi. Lui, invece, il dipendente che denunciò i colleghi e le loro malefatte facendo partire l’indagine della Guardia di finanza che poi li ha smascherati, da allora è stato osteggiato da tutti in ufficio, ha ricevuto anche un provvedimento disciplinare, oltre che angherie e lettere di accuse.

 

A raccontare oggi l’odissea di questi ultimi anni è Ciro Rinaldi, il dipendente (all’epoca rappresentante sindacale) che nella primavera del 2009 sollevò il caso dei ‘fannulloni’ del Dipartimento comunicazioni-Ispettorato territoriale dell’Emilia-Romagna, una succursale del ministero dello Sviluppo economico in via Nazario Sauro. Dalla sua denuncia (mossa dopo che le sue segnalazioni al dirigente dell’ufficio erano rimaste inascoltate) è partita un’inchiesta che ha inguaiato 33 dipendenti (tra cui anche quattro capi-settore), che in orario di lavoro uscivano dall’ufficio per commissioni, per fare la spesa e in qualche caso anche per andare in palestra (lo provano i filmati della Gdf). Un anno fa in 33 ricevettero l’avviso di fine indagine per truffa aggravata ai danni dello Stato, poi il pm Antonella Scandellari ha chiesto il giudizio per 29: a decidere il loro destino sarà il gup Pasquale Gianniti il 24 maggio.

 

Oggi Rinaldi, insieme al suo avvocato Mario Marcuz, convoca la stampa per raccontare la sua disavventura ma soprattutto per lanciare un appello al ministero dello Sviluppo economico: “Chiediamo al ministero di costituirsi parte civile- dice Marcuz- crediamo sia un atto dovuto, visto che quanto denunciato ha trovato puntuale conferma nelle indagini, facendo emergere un sistema di lavoro alquanto negativo per dei pubblici ufficiali”.

 

Rinaldi, spiega Marcuz, vista la tipologia del reato contestato (truffa ai danni dello Stato), non figura come persona offesa e quindi non potrà costituirsi parte civile. Ma il ministero dovrebbe farlo e “l’udienza preliminare è il luogo deputato”, sottolinea l’avvocato, spiegando che “ad oggi non ci sono notizie di questa volontà”. E il clima che si respira in ufficio fa pensare l’opposto: “Nessuna delle persone indagate è stata spostata o ha ricevuto provvedimenti disciplinari, eppure dopo le modifiche legislative del 2010 nel settore pubblico è possibile avviare procedimenti amministrativo-disciplinari anche se quello penale è ancora in corso. Prima non si poteva, ma ora si’, invece qui sono tutti ancora al loro posto e anzi c’è chi ha avuto una promozione”, ricorda Marcuz. Due dei capisettore sotto indagine sono andati in pensione e due funzionari (anch’essi indagati) sono stati promossi e hanno preso il loro posto.
Rinaldi, invece, è stato messo all’angolo. E non è il solo: una dipendente che aveva testimoniato contro i suoi colleghi “è stata spostata ad una mansione dequalificante dopo il rientro da un periodo di malattia e poi è stata costretta a chiedere un distacco ad un altro ministero perchè veniva trattata a pesci in faccia da tutti”. Il dirigente locale, Marco Cevenini, spiega Rinaldi, “le ha negato quel distacco per ben due volte. Alla fine il comando è stato possibile solo grazie alla direzione centrale”. Quanto a Rinaldi, in ufficio tutti gli hanno dato addosso: dopo la denuncia è comparso un volantino che spiegava che era tutta opera sua. Gli è arrivata una lettera anonima di minacce. E una collega gli ha scritto per dirgli che a lui ci avrebbe pensato la giustizia divina. “Ma non era piu’ bello vivere in pace?”, gli chiede accusandolo di aver tradito chi lo considerava un amico.

 

In ufficio, racconta Rinaldi, negli ultimi anni si sono viste tante brutte scene. Persone che non salutano, modi sgarbati e carichi di lavoro ingiusti (“Io sto uscendo, rispondi al mio posto”, è capitato dicessero dei colleghi alla donna testimone buttandole il cordless sul tavolo).
Rinaldi, che lavora all’ufficio tecnico ispettivo (lo stesso dei primi sette denunciati, “nocciolo duro” dell’inchiesta che poi si è allargata a decine di colleghi), è stato lasciato da solo a svolgere quel compito per tutta l’Emilia, mentre prima era affiancato da altri. Di quello stesso ruolo, per la Romagna, si occupano tre persone. E poi c’è la questione del provvedimento disciplinare: uno dei funzionari promossi a capo settore, quando a fine gennaio è arrivata la richiesta di rinvio a giudizio, ha segnalato anomalie nell’utilizzo dell’auto aziendale attribuendolo a lui. “Il dirigente locale (sempre Cevenini, ndr) ha subito avviato il procedimento disciplinare che alla fine mi ha portato un giorno di sospensione”, spiega Rinaldi. “Lo impugneremo davanti al giudice del lavoro”, promette Marcuz, che non esclude una causa per mobbing per tutto quello che Rinaldi ha dovuto subire (senza ricevere grande sostegno nemmeno dalla Cgil Funzione pubblica).

 

Oltre ai tanti problemi sul lavoro, a Rinaldi resta una grande amarezza: “Io penso che gli attacchi ai dipendenti pubblici siano strumentali, perchè la maggior parte fa il proprio dovere. Il nostro è un patto verso lo Stato, di dare un servizio pubblico nel modo migliore possibile. Ma se poi, di fronte a qualcuno che non rispetta questo patto, non c’è nessuno intervento da parte di chi deve vigilare e nessun riconoscimento verso chi fa il suo dovere, allora forse il problema non sono i dipendenti pubblici ‘fannulloni’”.

 

Fonte Dire