Bologna - Cosa cambia per gli affitti con la riforma del condominio? Praticamente nulla, visto che la legge che disciplina i contratti tra proprietari e inquilini non è in alcun modo toccata dalle nuove norme che regolano diversi aspetti della vita in condominio.
 

Ad oggi in Emilia Romagna sono poco meno di 400mila le famiglie che vivono in locazione (il 20% del totale), confermando anche qui, come nel resto del Paese, che la maggior parte dei nuclei abitativi è residente in una casa di proprietà (quasi l’80%, circa 1,3 milioni di famiglie). Dati analoghi, anzi ancora più marcati, si riscontrano anche per le Marche, dove le famiglie che risiedono in un’abitazione di proprietà sonol’84,3% del totale, contro il 15,7% che invece paga ogni mese una locazione.
 

I contratti d’affitto che si possono stipulare sono di due tipi: quello a locazione libera e quello a locazione concordata. Nel primo caso la durata è di quattro anni più altri quattro anni, il che significa che alla scadenza del primo periodo il proprietario dell’immobile può disdettare il contratto tramite lettera raccomandata (con avviso di ricevimento) all’inquilino, con almeno sei mesi di anticipo. Se invece il contratto prosegue anche per altri quattro anni, al termine degli otto anni complessivi l’affitto si rinnova tacitamente alle medesime condizioni, salvo che il proprietario non abbia inviato raccomandata di disdetta sei mesi prima della scadenza oppure non ci sia stato un accordo di rinnovo. La disdetta al termine del primo quadriennio (in sostanza al 12° anno di affitto) non va però motivata.
 

Diverse, invece, le carte in tavola per quel che riguarda gli affitti a canone concordato. La durata è in questo caso di tre anni con possibilità di proroga di altri due, a meno che non intervenga da parte del proprietario dell’immobile una disdetta motivata in forme e modalità identiche a quelle previste per i contratti a prezzi di mercato. Al termine del quinto anno, il contratto si rinnova automaticamente di altri tre anni — salvo disdetta — e successivamente di altri tre e via proseguendo.
 

E se invece a recedere dal contratto è l’inquilino? Secondo l’articolo 2 della legge 431/1998 che disciplina la materia degli affitti, questo può avvenire — a meno che non ci siano accordi ben precisi inseriti nel contratto di locazione — «per gravi motivi». L’affittuario può recedere dal contratto in qualsiasi momento, purché dia al proprietario dell’immobile una comunicazione con sei mesi di anticipo.

Le parti, però, possono ad ogni modo stabilire un recesso per così dire ‘libero’, dove l’anticipo della comunicazione sia di molto inferiore ai sei mesi e le motivazioni non rientrino tra i ‘gravi motivi’, categoria nella quale sono comprese eventualità come la nascita di un figlio che rende insufficienti i locali dell’appartamento affittato, o il trasferimento della sede di lavoro dell’inquilino.

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