Fano, 21 giugno 2014 - VINCENZO Ricci è il padre della Fano dei Cesari. E’ lui che nel lontano 1986 ebbe, come l’ha definita Marchegiani, una «intuizione geniale» che tuttavia oggi, proprio 20 anni fa con la giunta Carnaroli, scivola in fondo ai pensieri dell’amministrazione. «La Fano dei Cesari era una manifestazione che aveva grandi possibilità di sviluppo — dice l’ex segretario della Confesercenti —. Il problema vero è far avere dalla manifestazione un ritorno che vada a coinvolgere tutta la città, tutti gli interessi turistici ed economici. Questo era il nostro obbiettivo. Doveva essere uno strumento di grande promozione turistica, ma si sa che gli amministratori non sono sempre in grado di capire. Non si doveva guardare se aveva i connotati di un tipo o di un altro (popolare o culturale, ndr), son tutte stupidaggini. Si doveva fare una grande manifestazione che potesse segnare l’estate di Fano, anche a livello promozionale. Perché la gente va a Siena anche quando non c’è il Palio. Noi volevamo portare la gente a Fano anche quando non c’era la corsa delle bighe».La Fano dei Cesari senza le bighe ha senso? «No. Bisogna farla assolutamente. Se no non serve a niente. Si fanno le feste di quartiere e risolvono il problema se è per far ballare la gente. Bisogna fare invece un programma in cui siano comprese tutta une serie di situazioni in cui la parte più importante è la corsa delle bighe. Quello dà l’essenza e la forza alla manifestazione. Poi vanno bene le feste collaterali ma il centro nevralgico, il core business è quello».

Nei primi sette anni è stato un crescendo. Poi?«Poi io ho lasciato Fano per motivi professionali e tra le associazioni e il comune hanno fatto un po’ di confusione. Toccava trainarla perché la Fano dei Cesari non viveva soltanto di contributi ma aveva entrate proprie e ne aveva sempre di più. Ma non ci hanno creduto. Anche quando è stata ripresa... chi la organizzava non aveva la manifestazione come obbiettivo per altre cose più grandi. Negli ultimi anni si realizzava esclusivamente a livello professionale, per far divertire, non c’era un interesse economico collettivo. Una agenzia di pubbliche relazioni che organizza una manifestazione lo fa per guadagnare soldi. Il valore aggiunto di quando la organizzava la Confesercenti era volere il bene delle attività economiche della città». L’errore è stato cedere la manifestazione al Comune? «No. Perché in quel momento Confesercenti non era più in grado di organizzarla da sola». Ma oggi è possibile riportare l’evento a quei livelli? «Se lo riprendo in mano io sì».

Si rende quindi disponibile... «Non ho più l’età che avevo 30 anni fa. Ma potrei essere interessato, assieme ad altri, ad assumere la direzione della manifestazione e trovare dei partner che operino direttamente. Non è semplice riprendere una cosa che hanno fatto scadere. Fano avrebbe bisogno di qualcosa di trainante per il turismo».

Tiziana Petrelli