Incendio a Fano Tv: "Nessun messaggio in codice, la cavalla esiste davvero"

Parla l'avvocato Defendini, difensore di Di Lucera, considerato l'esecutore del rogo

L'esecutore del rogo ripreso dallevideocamere di Fano tv

L'esecutore del rogo ripreso dallevideocamere di Fano tv

Fano, 26 agosto 2017 - Che fine ha fatto la cavalla? Ammesso che esista davvero e che quello tra Antonella Zaccarelli e Fabio Di Lucera, che per la Procura sono rispettivamente presunti mandante e autore dell’incendio a Fano tv, non sia un dialogo in codice per camuffare i loro propositi illeciti, in quale stalla si trova allora l’equino attorno al quale ruota l’inchiesta? «Per quello che ne so, la Zaccarelli era interessata a comprare la cavalla di Di Lucera – replica l’avvocato Marco Defendini, legale di Di Lucera – o, sempre tramite lui, un’altra cavalla. Il mio assistito però prendeva tempo perché voleva addestrarla lui per guadagnare invece di farlo fare ad altri». Ma nelle intercettazioni del 24 marzo scorso, giorno successivo al rogo, a Di Lucera che batte cassa, la Zaccarelli invia un audio whatsapp di risposta in cui parla di aver ricevuto una cavalla «con la coda tagliata e non una di razza». «Ho aspettato – si sente nella registrazione fatta dalla donna (poi cancellata insieme a tutte le altre e tutte recuperate dagli inquirenti) - ho ottenuto nemmeno il 50 per cento del risultato, ma va bene. Mi prendo una cavalla zoppa però non tirare troppo l’acqua al mulino».

Ma con la coda mozza o zoppa che sia, quella bestia di fatto non è mai arrivata tra le mani della sedicente compratrice. Per il pm Silvia Cecchi e gli uomini della Polizia di Fano e della squadra mobile di Pesaro, non ci sono dubbi. La «cavalla» è l’incendio a Fano tv. Un attentato voluto dalla Zaccarelli per vendetta nei confronti del giornalista dell’emittente, Lino Balestra, con il quale aveva avuto una relazione di qualche mese nel 2015 che lui aveva deciso di troncare scatenando la rabbia della donna. Un piano riuscito però solo a metà. Le fiamme hanno infatti bruciato giusto l’ingresso della sede, mandando in fumo l’attentato più che l’emittente. Ecco perché, secondo gli inquirenti, la presunta mandante avrebbe definito zoppa quella cavalla. «Queste sono tutte interpretazioni della Procura – attacca Defendini – la cavalla di Di Lucera esiste ed è vecchia. E nonostante quello che dice la Polizia ha moltissimi acciacchi». Ma poi c’è anche il nodo del telefonino di Di Lucera. Quello di proprietà della madre e che l’uomo avrebbe avuto con sé la sera del rogo. Gli inquirenti dicono che il cellulare ha agganciato la cella di Fano il 23 marzo scorso. Ma Defendini ha cercato di smontare l’accusa con la testimonianza del fratello di Di Lucera, Federico, che ha dichiarato che quella sera ce l’aveva in uso lui. Dichiarazione che ha confermato un amico di Fabio, il quale ha detto che alla sua chiamata aveva risposto Federico. Il quale, in quel giorno e a quell’ora, verso le 20, ha detto di essersi trovato a Fano per lavoro. Ma Federico, come Fabio, fa il muratore. E di solito nei cantieri non si lavora di sera. «Ma Federico è anche un personal trainer – replica Defendini – forse era da un cliente».