Sgarbi scrive a Trump: "Restituiscici il Lisippo"

Per il critico è la scelta ottimale insieme a Fano. E spunta l’ipotesi Quirinale

Vittorio Sgarbi e Donald Trump

Vittorio Sgarbi e Donald Trump

Fano, 16 gennaio 2017 - Sgarbi scrive a Trump per ottenere la restituzione del Lisippo. La lunga lettera che il critico d’arte e assessore alla Rivoluzione a Urbino ha inviato al neopresidente degli Stati Uniti Donald Trump (il suo insediamento è fissato per il 20 gennaio) è pubblicata sulla rivista «Di Più», di questa settimana, diretta da Sandro Mayer. Quello che rivolge Sgarbi a Trump è un vero e proprio appello volto a rimediare ad una ingiustizia. Nella missiva, riportata nella rivista, Sgarbi chiede la restituzione della statua, che indica come Lisippo di Fano, perché «viene dall’Italia – scrive – e in Italia deve tornare».

Sgarbi illustra a Trump come l’opera sia illegalmente negli Usa dove si trova, nel museo privato Paul Getty di Malibu, dal 1977. Ricostruita nella lettera l’intera vicenda (dal ripescaggio in Adriatico nel 1964 al largo di Fano all’acquisto illegale da parte del museo), compresi i vari passaggi giudiziari, Sgarbi fa leva sul prestigio del neopresidente che, non può certo obbligare il Getty, museo privato, a restituire l’opera, ma può esercitare la moral suasion.

Il critico d’arte non si limita, poi, a sollecitare la restituzione della statua greca, ma suggerisce a Trump di assicurarsi che l’Italia ospiti la statua in un luogo che la valorizzi. Per Sgarbi – che esclude il Museo archelogico di Ancona perché a suo dire ‘poco visitato’ – ci sono solo due soluzioni: Fano, dove il Lisippo è stato ritrovato, oppure (ipotesi che il critico considera ottimale) il Quirinale. Sgarbi si congeda dal presidente degli Stati Uniti – così riporta il settimanale – facendo presente che se gli Usa restituissero il Lisippo all’Italia, grazie all’intervento di Trump, gli italiani gli sarebbero grati.

Esulta per l’iniziativa assunta da Sgarbi il professor Alberto Berardi che, da sempre, si batte per riportare in Italia, in particolare a Fano, la statua dello scultore grego Lisippo. «Ringrazio Vittorio – commenta Berardi – a cui mi ero rivolto perché prendesse posizione a tutela del Lisippo. Non solo ha raccolto la mia esortazione, ma lo ha fatto al massimo livello rivolgendosi direttamente al presidente degli Stati Uniti».

Un’altra lettera era partita per gli Stati Uniti nel 2014. Quella volta a scrivere era stato lo stesso Berardi e il destinatario era George Clooney, uno dei volti cinematografici più famosi. L’idea era nata a Berardi perché la moglie di Clooney, Amal Alamuddin (noto avvocato di Londra, esperta in diritto internazionale) si stava occupando della restituzione alla Grecia dei Marmi del Partenone (da 200 anni al British Museum di Londra) e poteva essere l’occasione per richiamare la sua attenzione sul Lisippo. In verità quella missiva non ebbe riscontro, d’altra parte Fano non è Atene e il Lisippo non è il Partenone, ma è stato un ulteriore tentativo di richiamare l’attenzione sul caso del Lisippo. L’appartenenza della statua al patrimonio italiano è stata attestata anche dalla recente emissione di un francobollo da parte di Poste italiane, il 25 novembre scorso, dedicato proprio all’Atleta di Fano.