Treno a fuoco in galleria, fanese intossicata

Trenta persone soccorse tra malori e scene di panico

Anna Negusanti, stilista fanese

Anna Negusanti, stilista fanese

Ancona, 8 dicembre 2016 - "Era buio, le luci non funzionavano e nessuno ci ha saputo aiutare da Trenitalia, a parte il personale a bordo. Adesso stiamo bene, nessuno si è fatto troppo male, ma abbiamo rischiato tantissimo. Poteva davvero essere una tragedia. Queste cose le dovete dire, viaggiare su quel treno è pericoloso, sono treni scadenti e i passeggeri che pagano il biglietto meritano convogli più sicuri». Anna Negusanti, stilista fanese, ieri mattina si stava recando al lavoro a Civitanova Marche. Una lavoro particolare e un appuntamento importante per una campagna pubblicitaria. Invece di essere impegnata nella sua professione, la ritroviamo nella sala d’attesa del pronto soccorso di Torrette, prima di essere sottoposta a un attento check-up.  Lei e gli altri trenta passeggeri che si trovavano a bordo del Regionale 7091 – partito da Ancona alle 7,25 e previsto per le 8,20 a Fabriano, via Civitanova – hanno respirato il fumo nero e denso che si è sprigionato dal treno in avaria sotto la galleria che dalla stazione di Ancona sbuca nella frazione di Passo Varano. Necessaria una visita approfondita e un esame diagnostico per escludere qualsiasi complicazione a livello respiratorio. Una corsa sotto il tunnel per 2,7 chilometri. Il guasto, da cui si sono sprigionate le fiamme e il fumo, è avvenuto poche centinaia di metri appena imboccata la galleria. Tornare indietro non è stato possibile: «Io mi trovavo nell’ultima carrozza – racconta Anna Negusanti –, quella dove si è sprigionato l’incendio. Abbiamo sentito un botto e si è subito percepito il danno. Il convoglio si è fermato, intanto il fumo entrava dai finestrini. Capotreno e macchinista sono accorsi e ci hanno intimato di uscire dal treno. Fuori il buio completo, la paura di morire soffocati, scene di panico. E’ stato terribile. Molti di noi sono caduti perché non sapevamo dove mettere i piedi. Non c’era illuminazione in quel tunnel, non un’uscita d’emergenza. Il fumo e il calore ci hanno spinto verso la parte opposta della galleria, direzione sud, la direzione del treno. Certo, uscire dalla parte opposta sarebbe stato più breve, ma in quel verso non si poteva andare. Così, tra le urla e la paura, ci siamo incamminati per oltre due chilometri, respirando in maniera affannosa, sperando di uscire presto. Ci abbiamo impiegato più di mezz’ora. Nel frattempo, nessuno è venuto in nostro soccorso o ausilio. Non dimenticherò mai questa giornata». p.cu.