Cartoceto, 3 aprile 2010 - Quasi bufava, ma lui aveva annunciato in aula, durante un corso universitario, che la primavera era arrivata. Ma l’aula vera di Vittorio Beltrami non è di mattoni, bensì di campi e di alberi e la sua cattedra ideale sta sotto la quercia di trecento anni nel Covo dei Briganti: una cattedrale, come la chiama lui, nel silenzio recuperato.

 

Beltrami, assieme a un fortunato manipolo di amici che qui hanno messo radici come Karl Hoffman (giornalista per la radiotelevisione tedesca), tiene puliti i 'greppi', pettina la cicoria, la silene, il tarassaco, gli asparagi che in questi giorni spuntano qui, nel burrone di Ripalta. Poi li raccoglie e li passa a Patrizia Vitali, che sta qua da un quarto di secolo, nel casolare di sopra, ora caseificio.

 

Col profumo delle viole e della pimpinella il formaggio ha un’ anima. Caprino da cento capre, che in questo periodo danno il latte, ogni giorno munto a mano e possibilmente con modi garbati, che viene meglio: "Le bestie ci ridanno quello che noi diamo loro", taglia corto Beltrami, che vive con le capre una dimensione intimamente famigliare. Due bestiole le ha tolte dal branco, le chiama per nome e le allatta, assieme a Patrizia, col biberon: "Si chiamano Bellabarba e Cucciolo, sono nate con le zampine deboli, così le abbiamo tolte dal branco, che le avrebbe calpestate. Ci torneranno", spiega.

 

Beltrami sta alla sua terra come il poeta Cavalcanti alla primavera ('Fresca rosa novella'). Sotto la quercia ha realizzato un cimitero degli ulivi, tronchi che stanno sul posto con la dignità atemporale, e davanti ci ha messo di guardia un drago, cioè una colonna di legno caduta, attorno alla quale ha infilato i cerchi di vecchie botti raccolti. "Nulla vada perso della nostra memoria", dice, spiegando che l’idea gliel’hanno passata i religiso del convento di Sant’Agostino. Beltrami lavora in un luogo mistico e rude.

 

Qui albergava la banda Grossi, dormendo tra efferati delitti, e qui transitavano i frati del Beato Sante, verso il castello di Ripalta, per domandare la carità (formaggio, vino, olive) e caricarla in groppa agli asinelli. La via che dal Santuario passa qui c’è ancora, e Beltrami le ha dato un nome: via del beato. Ma non è la sola. Ci sono anche la via delle viole, profumata di un tappeto di fiori, la via della Gorga, dove esisteva un mulino a pietra che serviva la farina per Ripalta e Montegiano ed altre ancora che Beltrami ha battezzato con i suoi cartelli di legno.

 

Qui a luglio ci sarà il premio 'Tra forme e forme' dedicato ai mestieri fatti con le mani, dimenticati. Una forma, intanto, Vittorio l’ha già fatta e la vende nella sua bottega di Cartoceto, frequentata da cercatori di emozioni di tutta Italia: è il formaggio a doppia cagliata ripieno di caprino che in bocca libera due sapori contemporaneamente. Una cialda agreste. Il pastore orante domani vivrà una Santa Pasqua.