Il mistero dei gemellini spariti dalla tomba

Il dramma della sorella, a Fano dal 1974, che denuncia e dice: "Le scuse non bastano"

Il cimitero di Fano

Il cimitero di Fano

Fano, 20 agosto 2014 - Pensava di portare i fiori a due gemellini, suoi fratelli, morti a metà degli anni Sessanta poco dopo la nascita, ha scoperto invece che all’interno di quella tomba era stato sepolto un uomo adulto. E’ questa la notizia che rimbalza a Fano da un paesino della provincia di Potenza, Tito: a Fano, abita da oltre 40 anni la donna, Maria Chiara Mariotti, originaria del paesino, che ha denunciato tutto e ha fatto scattare un’inchiesta, per capire come si sia arrivati a questo scambio di salme. Sulla vicenda stanno indagando i carabinieri della squadra giudiziaria della procura di Potenza. Ma dove siano stati sepolti i resti dei due gemellini, ancora non si sa. 

Tutto comincia nel 2013 quando la donna, residente a Fano (dove dalla Basilicata si è trasferita nel 1974) decide di trasferire i resti dei due fratellini, un maschio e una femmina, dal cimitero di Tito a quello appunto di Fano. Ma all’apertura del loculo, nel marzo 2013 a Tito, capisce che qualcosa non va: le ossa non erano quelle di due fratellini (che dovevano essere lì, dopo un trasferimento dalla terra al loculo avvenuto negli anni Ottanta) ma di un uomo adulto. La donna quindi chiede spiegazioni, ma nei registri comunali non risultano tracce di esumazioni e tumulazioni nei loculi in quel periodo, e quindi sono partiti gli esposti, l’inchiesta della Procura di Potenza e le indagini dei Carabinieri della sezione di Polizia giudiziaria. Il sindaco di Tito, Graziano Scavone ha deciso di far luce sulla vicenda: «Alla signora - ha detto - vanno le nostre scuse a prescindere, e faremo di tutto per chiudere questo spiacevole episodio».

Alla fine del 2013, la donna, in una mail inviata a un giornalista del ‘Quotidiano della Basilicata’, aveva scritto: «Sono profondamente turbata e addolorata da quanto recentemente è accaduto a Tito che si aggiunge al ricordo di un vissuto non facile. Ho voluto prendere posizione perché ciò che è accaduto a me (fa male), non accada ancora. Non si può e non si deve tradire la fiducia. E dicendo questo penso anche ai miei genitori che lasciando Tito per ragioni ovvie di lavoro, ritenevano di aver garantito ai loro bambini un “sonno” sereno. Per lungo tempo sono tornata tutte le estati ad agosto e con me i miei genitori. Avevamo affetti, persone care a cui, tuttora, sono legata. Quando si poteva, tornavamo anche per qualche giorno. In queste occasioni nonè mai mancata unavisita alla sepoltura dei miei fratelli. Con il trascorrere degli anni, malgrado i tanti cambiamenti, e la scomparsa dei miei genitori, ho mantenuto l’abitudine del “tornare”».

«La terra lucana che mi ha accolta è una parte viva di me che ancora amo - continuava la donna -; mi trovavo a Tito anche nel mese di marzo 2013 (quando avviene la scoperta). Non ero sola, mi accompagnava una persona a me cara. Erano presenti al fatto più testimoni compresi gli stessi impiegati del Comune. Per tutto il resto ho presentato un esposto alla Procura e intendo rimettermi alle indagini, in piena fiducia del lavoro che sarà svolto. La scomparsa dei resti dei miei fratelli dalla loro sepoltura è un fatto molto grave che non può concludersi con poche righe di scuse, seppur sincere».