Usura, imprenditori nelle mani della 'famiglia' calabrese: sequestrati beni per 52 milioni

Operazione Aspromonte: sei perquisizioni domiciliari, confiscati 12 immobili e 4 società, 13 denunce. Il clan, di stanza nel Fanese, concedeva prestiti con tassi fino al 183%. Tra le vittime anche due anconetani

Ancona, la conferenza stampa della Guardia di Finanza sull'operazione Aspromonte (Foto Antic)

Ancona, la conferenza stampa della Guardia di Finanza sull'operazione Aspromonte (Foto Antic)

Fano (Pesaro e Urbino), 15 luglio 2014 - Infiltrazioni della criminalità organizzata calabrese nelle Marche. Tredici denunce e 52 milioni di beni sequestrati. Questi alcuni del numeri di un maxi blitz di Dda E finanza. Nei guai per usura 13 calabresi residenti a Fano: tra le vittime dell'organizzazione anche due piccoli imprenditori di Ripe (Ancona) finiti nel cappio degli strozzini.

I finanzieri del Gico (Gruppo di investigazione sulla criminalità organizzata) del Nucleo di Polizia Tributaria di Ancona hanno eseguito, tra Marche e Calabria, sei perquisizioni domiciliari e un sequestro preventivo, ai fini della confisca, di 12 immobili e quattro società.

Lo comunica in una nota la Guardia di finanza di Ancona precisando che, nell'ambito dell'operazione denominata 'Aspromonte', i beni colpiti dall'ordinanza di sequestro - disposta dall'autorità giudiziaria locale - sono riconducibili a un noto pluripregiudicato calabrese, M.A., 47enne, "dedito da oltre un decennio alla commissione di svariate condotte delittuose". Tra gli indagati dell'operazione Aspromonte figurano anche la moglie e la figlia.

Più nel dettaglio gli investigatori del Gico hanno individuato un gruppo di soggetti calabresi di stanza nel Fanese, tra loro legati da vincoli di parentela o di territorio, dedito a concedere prestiti a tassi usurai a imprenditori pesaresi (con tassi oscillanti tra il 95% e il 183%).

Ancora, il gruppo avrebbe movimentato ingenti somme di denaro attraverso compravendite immobiliari fittizie e, nell'arco di due anni, avrebbe anche fatto transitare oltre 54 milioni di euro nel sistema bancario-finanziario.

Il tutto - sottolineano gli inquirenti - al fine di sottrarre, senza successo, il consistente patrimonio immobiliare a possibili aggressioni previste dalla vigente legislazione antimafia.