{{IMG_SX}}Fermo, 6 novembre 2008 - E’ stato il giorno delle requisitoria e della richiesta delle pene per i 56 imputati nel maxiprocesso alla 'cupola foggiana'. Processo che si è svolto in un tribunale letteralmente blindato, in cui polizia, carabinieri e vigili urbani hanno tenuto sotto controllo ogni angolo di palazzo di giustizia e delle zone circostanti. Per tutta la mattinata è stato vietato il parcheggio delle auto intorno al tribunale e le persone, all’ingresso, sono state tutte identificate e perquisite.

 

Nel corso di un’udienza fiume di quasi cinque ore, il pm Raffaele Iannella, di fronte al collegio penale presieduto dal giudice Ruggiero Dicuonzo, ha illustrato punto per punto tutti i reati commessi e quelli per i quali invece non intende procedere. Il tutto al cospetto ad un esercito di avvocati e a gran parte degli imputati. In prima fila il presunto boss della ‘cupola’, Andrea Maizzi, che ha ascoltato parola per parola la requisitoria del pm senza battere ciglio, anche quando per lui il magistrato ha chiesto una pena di 30 anni. Pesanti le richieste (oltre cento anni di reclusione in totale) anche per altri 11 personaggi di spicco dell’organizzazione. Gli imputati sono accusati di associazione a delinquere di stampo mafioso, banda armata, rapina, estorsione e spaccio di stupefacenti.

 

L’operazione era scattata nel 2002 in seguito alla richiesta di un provvedimento del pm della distrettuale antimafia di Ancona, Irene Bilotta che, con l’operazione 'Reclaim', aveva fatto finire in manette ben 67 persone ritenute affiliate alla 'cupola foggiana', che ha controllato le Marche dagli inizi degli anni ‘80. Il processo, fin dalla sua fase preliminare, era poi approdato a Fermo perché le vicende legate all’organizzazione sgominata dai carabinieri si erano consumate quasi tutte nel Fermano, in particolare nel quadrilatero Porto San Giorgio-Porto Sant’Elpidio-Fermo-Civitanova Marche.

 

Intorno all’organizzazione, direttamente collegata con i clan pugliesi della Sacra Corona Unita, giravano interessi per milioni di euro, provento di attività di spaccio, rapine, gioco d’azzardo e gestione di videopoker, il più delle volte manipolati per favorire i guadagni dei gestori. Una maxi operazione che, per circa 4 anni, aveva impegnato oltre cento uomini dei Ros e circa quattrocento carabinieri dei comandi territoriali. Tra i personaggi di spicco finiti in manette, il presunto capo della gang, Andrea Maizzi e il presunto cassiere-riciclatore dell’organizzazione, l’industriale calzaturiero di Civitanova Marche Fausto Morichetti.