Bombe contro le chiese, Conti non abbassa la guardia

L’arcivescovo: "Ma noi andiamo avanti con l’accoglienza"

Luigi Conti ha confidato il suo stato d’animo durante la presentazione del suo libro (Foto Zeppilli)

Luigi Conti ha confidato il suo stato d’animo durante la presentazione del suo libro (Foto Zeppilli)

Fermo, 13 marzo 2016 - Nessuna esitazione, nessuna incertezza, si lavora più di prima, soprattutto sul tema dell’accoglienza. L’arcivescovo Luigi Conti non vuole parlare degli episodi che hanno scosso la Chiesa fermana, le due bombe posizionate sui portoni delle canoniche del duomo e di Lido San Tommaso.

Forse un messaggio per due sacerdoti, monsignor Pietro Orazi e don Sebastiano Serafini, da sempre in prima linea, particolarmente impegnati nell’accoglienza del disagio, delle fragilità, nel sostegno alle persone in sofferenza, alla Caritas e a San Tommaso.

«Meno se ne parla e meglio è - ha detto Conti ieri pomeriggio, prima di presentare il suo ultimo libro al centro San Rocco - gli inquirenti sottolineano che c’è il pericolo dell’emulazione e ne sono convinto anche io. Non si devono sottovalutare certi episodi, ma nemmeno celebrarli. Noi andiamo avanti come sempre e più di sempre, forse c’è ancora di più la necessità di comunicare quello che si fa, di far capire il bisogno dell’accoglienza e di una rivoluzione che coinvolga i nostri ragazzi».

Ragazzi che sporcano e rovinano le città, ragazzi che soffrono e che hanno dentro il vuoto. «La vicenda di Roma mi ha sconvolto, la storia di due ragazzi che ne uccidono un terzo solo per vedere l’effetto che fa. È qualcosa che va oltre il comportamento bestiale, è la mancanza di valore, per la vita delle persone, per se stessi».

A Fermo il disagio si manifesta sulle scritte sui muri, sulle panchine rotte, sulle balaustre spaccate, nei cuori di ragazzi troppo spesso soli che vivono sui social come fosse la realtà.

Il sindaco Paolo Calcinaro ha cercato di intercettarli via facebook: «All’area Vallesi ci sono episodi continui di vandalismo, alcuni dei ragazzi sono stati identificati dalle forze dell’ordine. Ho cercato di coinvolgerli, ho scritto loro che questa città ha bisogno di essere sorvegliata e possono farlo loro per primi. Forse, dando loro la responsabilità di quello che li circonda può aiutarli a trovare un senso anche alla loro vita».