Fermo, 18 agosto 2010 - Bonifica del basso bacino del Chienti: una volta messo a punto il progetto dal team cui la Provincia di Macerata ha appaltato l’opera, partiranno i lavori. Si tratta di un passo in avanti importante, che riguarda un tratto di 26 chilometri su ambo i lati del Chienti, da tempo sottoposto a vincolo ministeriale perché inquinato, eppure i Comuni interessati (Morrovalle, Montecosaro, Civitanova nel maceratese; Porto Sant’Elpidio, Sant’Elpidio a Mare nel fermano) ne sanno poco o nulla.

 

In particolare, per Porto Sant’Elpidio si tratterà di bonificare l’area sul lungo Chienti che si estende fino alla zona in cui gli amministratori hanno da tempo intenzione di realizzare la darsena. "Il progetto è stato redatto a maggio - precisa Nedo Biancani docente universitario, consulente ministeriale, che vi ha lavorato - e a luglio è stato aggiudicato. In realtà, eravamo arrivati secondi, ma i primi hanno rinunciato perché le clausole richieste dalla Provincia erano troppo vessatorie. La ‘palla’ è passata a noi che, dinanzi a quelle stesse clausole, abbiamo discusso per un mese intero, anche con toni piuttosto accesi, prima di accettare l’incarico e cimentarci in questa impresa. Nonostante la scarsità dei dati che ci sono stati forniti, abbiamo consegnato l’elaborato. Adesso occorre attendere verifiche e di aggiustamenti da parte della Provincia e del ministero all’Ambiente, ma anche dagli stessi Comuni. Diciamo che c’è stata una scarsissima informazione verso i soggetti interessati, siano essi le imprese insediate lungo l’area del basso bacino, siano i Comuni che vi insistono".

 

L’appalto è per 3,2 milioni di euro ma ce ne vorranno parecchi di più, almeno una decina. "In qualche modo dovremo recuperarli, anche dal ministero» aggiunge Biancani. Insieme a lui, hanno lavorato al progetto il geologo Andrea Sottani, il chimico Walter Pasin e l’ingegnere Davide Cesarini (vecchia conoscenza per Porto Sant’Elpidio visto che ha redatto il progetto di bonifica per l’ex Fim). E’ stata prevista la realizzazione di 64 pozzi per la reimmissione delle acque "ma ci dovranno dire l’uso che intendono fare dell’acqua, se rimetterla in falda o utilizzarla per l’agricoltura o le industrie. Per ora siamo andati avanti con un progetto standard: pompare l’acqua inquinata, depurarla e rimetterla in falda" precisa. Nel caso di Porto Sant’Elpidio ci sono due aziende considerate inquinanti e quella è una delle zone dove interverremo con una delle due barriere idrauliche che dovremo realizzare" conclude Biancani.