Fermo, 24 gennaio 2012 - COLPO di scena nelle indagini della misteriosa morte di Roberto Straccia, lo studente 24enne di Moresco, scomparso a Pescara il 14 dicembre e ritrovato cadavere il 7 gennaio sul litorale di Bari. Da nuovi elementi raccolti dal pool di superperiti che affianca le indagini dei carabinieri e della Procura sarebbe emerso che il ragazzo è stato ucciso e la dinamica di quanto accaduto va ricercata in quel tratto di lungomare, di circa 200 metri, non coperto dalle telecamere.

A rivelare la clamorosa svolta, dopo aver consultato il generale Luciano Garofano, ex comandante dei Ris di Parma, è lo psichiatra criminologo Alessandro Meluzzi. «Il generale — spiega Meluzzi — ha effettuato un lungo sopralluogo ed ha esaminato tutti gli elementi a disposizione. Dopo averli confrontati con quelli in mio possesso, siamo giunti alla conclusione che la morte di Roberto sia da attribuire ad un omicidio». Una parola che nessuno fino ad oggi aveva avuto il coraggio di pronunciare così apertamente e che potrebbe aprire scenari sconvolgenti. «Siamo andati per gradi e per esclusione — aggiunge Meluzzi —. Una volta capito che non poteva essersi trattato di suicidio, abbiamo preso in considerazione le altre due ipotesi: l’incidente o l’omicidio. Visti i primi risultati dell’autopsia secondo cui la vittima è entrata in acqua già in stato d’incoscienza, ne è rimasta in piedi soltanto una, quella della morte provocata da qualcuno». Ora, però, bisognerà capire chi, come e perché.

«C’È LA TESTIMONIANZA di una ragazza che potrebbe essere molto significativa — rivela Meluzzi — ma al momento preferiamo tenere tutto nel massimo riserbo. Stiamo scavando sui conoscenti e sulle loro frequentazioni. Roberto potrebbe essere venuto a conoscenza di qualcosa di scottante e qualcuno avrebbe potuto tendergli un agguato, magari non necessariamente per ucciderlo. Non è escluso che possa trattarsi quindi di un omicidio preterintenzionale e non premeditato. La situazione potrebbe essere precipitata, trasformandosi in tragedia, durante un tentativo di intimidazione. Meluzzi sottolinea come ormai non ci siano più dubbi sul luogo in cui si è consumata la tragedia. «Lo studio della scena del presunto crimine — conclude Meluzzi — ci ha fatto capire che il ragazzo non può essere caduto dal ponte, visto il fondale basso e fangoso, si sarebbe letteralmente piantato a terra. E’ impossibile anche che si sia recato sul molo sud in quanto le telecamere non lo hanno ripreso. Restano allora quei duecento metri a nord del ponte, dove la videosorveglianza non è in funzione».