Fermo, 23 ottobre 2012 - Un colpo di spugna, qualche ora di discussione, scuse accampate lì per lì. Si tradisce così un territorio, cancellando con un colpo di mano una storia, quella della provincia di Fermo, lunga tre anni ma mai veramente entrata nei pensieri e nei sentimenti del resto della regione. Così il Consiglio regionale ha ritenuto giusto procedere con un voto che difficilmente i fermani perdoneranno: 19 sì all’ipotesi di quattro province, 17 no, un astenuto, quel Cardogna dei Verdi che ha firmato (evidentemente senza convinzione) l’ipotesi a tre così come proposta dal presidente Cesetti. Sì anche dal presidente del Consiglio regionale Solazzi, che pure aveva assicurato che non si sarebbero prese decisioni su ipotesi contrarie alla legge e poi ha stabilito che si discutesse per prima l’ipotesi che cancella Fermo, subordinando tutte le altre. Sì contro Fermo anche dal socialista Pieroni, nonostante le assicurazioni del segretario regionale Vita che qui era passato a garantire per i suoi che non avrebbero avallato ipotesi contro legge. E ancora: assente per malattia Donati dell’Idv, improvvisa indisposizione per la Giorgi, sempre Idv; fuori al momento del voto Foschi e Carloni, targati Pdl, e il pacchetto ‘cancella Fermo’ è pronto.

UN VOTO risicato che parla di una maggioranza spaccata, ma soprattutto disegna una politica che ancora una volta dimentica l’interesse generale per perseguire quello particolare. E pazienza se poi a Roma si faranno una grassa risata nel vedere un’ipotesi dalle Marche che non rispetta neppure uno dei criteri stabiliti dal Governo: l’essenziale era colpire Fermo e salvare Macerata, nel nome di quell’asse Pd-Udc che tutto regola in vista di future elezioni. A nulla è valsa la presa di posizione del vicepresidente Petrini, che ha sottolineato la necessità di votare per tre province per guardare avanti, per evitare ipotesi che ha definito ‘vintage’. Rosalba Ortenzi aveva posto fin da subito una pregiudiziale di legittimità sulle due proposte di deliberazione che prevedevano un riordino a quattro, chiedendone il ritiro. Ma l’aula ha respinto (15 voti contrari, 14 favorevoli e un astenuto), così come tutti i tentativi di Franca Romagnoli. È il presidente Spacca a dare la spallata finale, a dire che bisogna dare voce ai territori, che poi ci sarà tempo per ripensare a ruoli e funzioni, che il Governo deve ascoltare il parere delle Regioni. Cronaca di una storia già annunciata, di un territorio umiliato, di una giornata nera dentro un Consiglio regionale che doveva rappresentare tutti i marchigiani e ha finito per dare la peggiore idea della politica.

Angelica Malvatani