Fermo,  10 giugno 2014 - SI RIPARTE da zero nelle indagini del caso che ha portato alla morte di Roberto Straccia, lo studente di Moresco scomparso da Pescara nel dicembre del 2010 e trovato senza vita sul litorale di Bari il 7 gennaio successivo (guarda le foto). Dopo l’archiviazione del caso come suicidio da parte delle Procure di Pescara e Bari, ieri la famiglia Straccia, assistita dal legale Marilena Mecchi, ha presentato istanza di riapertura delle indagini alla Procura generale di L’Aquila, supportata da un fascicolo di circa settecento pagine costituito da nuove perizie di parte contenenti nuovi elementi.

Avvocato, quali sono le nuove perizie che avete presentato?
«Una del medico legale — spiega l’avvocato Mecchi — sul referto autoptico di Roberto Straccia, redatta dal professor Cristoforo Pomara.La relazione stilata in precedenza è chiaramente mancante in diverse parti: seppur in cronologia sequenziale, manca di continuità logica. Un’altra è stata redatta da Paolo Di Girolamo, ingegnere nautico e marittimo ed esperto del porto canale di Pescara, che dimostra che il giorno della scomparsa di Roberto, il fiume aveva una portata d’acqua ordinaria e non interessata da nessuna corrente, mentre durante le indagini si disse l’esatto opposto».

La famiglia Straccia parla di «inquinamento delle prove e di omissioni di atti d’ufficio»: qual è il riferimento nello specifico?
«Sono scomparsi i tabulati relativi alle intercettazioni telefoniche a suo tempo disposte dalla Procura e dai carabinieri di Pescara. Questa è una cosa molto grave alla luce di un particolare inquietante che emerge dal brogliaccio delle intercettazioni: l’esistenza di un sms (del 22 dicembre 2011) dove l’utenza di un conoscente di Roberto, all’epoca sottoposta ad intercettazione telefonica dalla Procura, viene intercettata mentre aggancia la cella di Bari Palese, ossia il luogo esatto dove Roberto sarà ritrovato quindici giorni dopo privo di vita.Perché questa persona che ha spedito un messaggio dal contenuto allarmistico non è stata convocata? Inoltre le due Procure hanno accertato tre tentativi di accesso abusivo al profilo Facebook di Roberto cinque giorni prima del ritrovamento del corpo e nonostante si sia risaliti alle persone che hanno tentato di accedere (uno era un amico di Roberto, l’altro un carabiniere che ha tentato l’accesso con il proprio profilo personale) — aggiunge l’avvocato — non si è chiesto conto del perché e non si è perseguito il reato informatico».

Il 23 aprile avete presentato querela nei confronti dei carabinieri di Pescara che hanno condotto le indagini, ieri la richiesta. Perché per entrambe le iniziative legali vi siete rivolti alla Procura generale di L’Aquila?
«Per una questione di competenza di materia e perché la Procura di Pescara si è già espressa in merito su giudizi prognostici delle indagini, fin dall’archiviazione del caso».

Quando e dove si ricomincia a cercare la verità?
«Abbiamo già iniziato con l’investigazione privata: dall’acquisizione del profilo Facebook integrale di Roberto, dall’analisi della sabbia trovata all’interno del giaccone che indossava quando è stato trovato, da una nuova valutazione di tutte le testimonianze sul caso».

Paola Pieragostini