Nigeriano morto a Fermo, torna libero Amedeo Mancini

Dallo scorso ottobre era ai domiciliari con il braccialetto elettronico

Fermo: Amedeo Mancini, accusato di aver ucciso il profugo nigeriano (foto Zeppilli)

Fermo: Amedeo Mancini, accusato di aver ucciso il profugo nigeriano (foto Zeppilli)

Fermo, 12 maggio 2017 - E’ tornato in libertà da questa mattina Amedeo Mancini, il 40enne fermano arrestato a luglio 2016 per l’omicidio preterintenzionale del nigeriano Emmanuel Chidi Namdi, a seguito di una lite in strada. Dopo un’estate in carcere, Mancini da ottobre si trovava ai domiciliari con il braccialetto elettronico. Il giudice, anche in considerazione del buon comportamento del 40enne fermano “specie durante la misura aperta”, ha deciso per il suo rilascio. Ora Mancini ha solo l’obbligo quotidiano di firma dai carabinieri, in attesa del pronunciamento della Cassazione sull’aggravante ‘razziale’ e sulla compatibilità o meno con la riconosciuta attenuante della provocazione.

“E’ libero da stamattina Mancini – confermano i suoi legali gli avvocati Francesco De Minicis e Savino Piattoni – in quanto il giudice di sua spontanea volontà ha autonomamente ritenuto maturi i tempi per uno suo completo ritorno in libertà, con l’unico obbligo della firma giornaliera dai carabinieri. Ora Amedeo attenderà da libero il 28 novembre quando la Cassazione dirà se l’aggravante ‘razziale’ sia compatibile o no con la riconosciuta attenuante della provocazione. Qualunque sia la decisione essa non determinerà alcuna diminuzione o quasi della pena patteggiata. Potrà però avere importanza sul piano etico e giuridico, alla luce della motivazione non contestata dalla Procura generale e perciò passata in giudicato, con cui la sentenza del giudice concordò sul riconoscimento della provocazione, con la massima diminuzione di pena possibile. Detta motivazione, infatti, attesta inequivocabilmente, sulla base delle risultanze investigative che sul braccio sinistro di Mancini era restata per giorni l’impronta precisa del colpo che Emmanuel gli aveva inferto col segnale stradale, che a riprova, proprio su quella parte del segnale che aveva “disegnato” la pelle di Amedeo con una specifica e vistosa ecchimosi, era stato rinvenuto il suo dna. Questo accertamento spazza via per sempre – aggiungono i legali di Mancini –le contrarie illazioni, inizialmente alimentate dall’inveritiero racconto di Chenyere e poi dagli esiti apparentemente contraddittori della perizia sul dna, secondo le quali il giovane fermano non sarebbe stato l’aggredito ma addirittura l’aggressore. Dopo il verdetto della Cassazione, Mancini si rivolgerà al tribunale di sorveglianza che, se lo riterrà meritevole, potrà consentirgli di scontare la pena residua sotto forma di affidamento in prova ai servizi sociali”.

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