Fermo, "Ti preparo tanta cena" e arrivavano fiumi di droga

Le intercettazioni dei dialoghi tra gli spacciatori: ‘latte’, ‘caffè’ e ‘pizza’ significavano la diversa quantità

L’operazione è stata compiuta da 100 carabinieri in quattro province (foto Zeppilli)

L’operazione è stata compiuta da 100 carabinieri in quattro province (foto Zeppilli)

Fermo, 12 novembre 2017 - «La cosa». Era chiamata così, in codice, la droga che muoveva la rete di trafficanti e spacciatori sgominata dai carabinieri con l’operazione «Due Mari». Era un linguaggio criptato o figurato, quello utilizzato da pusher e acquirenti durante le loro conversazioni telefoniche intercettate dagli investigatori. Per parlare di dosi si servivano di parole come latte, caffè o pizza, a seconda del tipo di stupefacente. Quando si riferivano invece a quantità superiori, utilizzavano spesso il termine «ti preparo la cena». Per evitare le intercettazioni poi, utilizzavano sim card sempre diverse e intestate ad altre persone, alcune consenzienti, altre all’oscuro di tutto. Gli spacciatori venivano chiamati tutti con degli alias o dei soprannomi: Gimmi, Salah, Dalì, Slim, Fausto, Omar, Ben, Balak, Iassine e Rambo. Tutto ciò rendeva molto difficile individuarli ed identificarli, persino quando qualche consumatore decideva di collaborare con i carabinieri. Lo dimostra il testo di un’intercettazione tra due pusher, Kamele Nasser e Fawzi Haboubi, in cui uno racconta all’altro di essere fuggito dopo che era stato intercettato dai militari dell’Arma durante lo spaccio di una dose ad una ragazza e dopo aver consegnato della merce a casa di Norma Vesprini, l’ex praticante avvocato di Porto Sant’Elpidio indagata per traffico di stupefacenti: Pusher 1: «Sono scappato via, penso che li abbiamo fregati». Pusher 2: «Non va bene. Hai consegnato a quell’altra? Non hai dato nulla a lei quando sono arrivati?». Pusher 1: «Avevo consegnato a lei prima (Vesprini), a posto». Pusher 2: «Quanto hanno trovato da lei?». Pusher 1: «Non lo so, 100% hanno trovato la cosa da lei. Penso che è stata lei a fare la soffiata». Pusher 2: «Certo non ti possono fare nulla, ma il problema se lei dice tutte le cose su di te a loro». Pusher 1: non sa come mi chiamo, solo mio alias».

L’attività investigativa che è scaturita dall’attività, coordinata dalla Procura, ha permesso così di appurare le dinamiche per la gestione dello smercio attuata da gruppi di italiani e nordafricani. Nella seguente intercettazione un fantomatico Zio Alì (una dei pesci grossi dell’organizzazione), chiama Salah Bessas, ma risponde Khair Naffetti perché l’altro aveva il telefono spento come consuetudine, per non farsi individuare, durante i viaggi di approvvigionamento. Zio Ali: «Mi trovo nel paese dove andava sempre, mi ha detto che viene oggi, ho preparato la cena (grosso quantitativo di merce) con il mio amico. Mi poteva fare uno squillo per dirmi che non veniva». Naffeti: «Non so nulla di quello». Zio Ali: «Lui ha spento il telefono tutta la giornata e come sappiamo tutti che quando qualcuno di noi parte spegne il telefono».