Nigeriano morto a Fermo, a Mancini braccialetto tra 22 giorni

La morte del profugo, nuova doccia fredda per l'ultrà: resta in cella

Nigeriano ucciso a Fermo, Amedeo Mancini lascia il tribunale (Foto Zeppilli)

Nigeriano ucciso a Fermo, Amedeo Mancini lascia il tribunale (Foto Zeppilli)

Fermo, 2 ottobre 2016 -  «Il braccialetto elettronico non sarà disponibile prima di 22 giorni». Una secca comunicazione da parte dell’organo competente per confermare l’ennesima fumata nera e il fatto che Amedeo Mancini, il 39enne fermano indagato per la morte del profugo Emmanuel Chidi Namdi, dovrà restare ancora in carcere, nonostante il gip di Fermo gli abbia concesso da tempo i domiciliari. Verrebbe da dire: e la farsa continua. Ma, a questo punto, parlare di farsa sarebbe riduttivo: evidentemente c’è qualcosa o qualcuno che non vuole Mancini fuori dal carcere. La realtà è che stanno emergendo sempre più elementi a discolpa dell’indagato e questo sta creando qualche imbarazzo di troppo a chi lo aveva già condannato senza processo.    A tal proposito il senatore Carlo Giovanardi di Gal ha presentato un’interpellanza di cui si è discusso in Senato e durante la quale, da più parti, è arrivata una proposta: «Mancini libero». «Mancini libero», è uno slogan che echeggia pericolosamente anche per le strade e nelle case degli italiani. È un brutto slogan perché sa troppo di tifo da stadio e questa vicenda necessita di tutto, tranne che di quello. Ma la realtà, testimoni ed elementi investigativi alla mano, al di là del cavillo del braccialetto elettronico, sembra sempre più evidente: quell’uomo si è difeso e non dovrebbe proprio stare in cella.  La pensa così anche il senatore del Pd, Giuseppe Cucca, che, in sede di commissione Giustizia al Senato, si è espresso chiaramente sull’eventualità della scarcerazione del 39enne fermano, anche senza la disponibilità del braccialetto elettronico: «Mancini deve assolutamente essere scarcerato, non si può imprigionare una persona prima che sia processata e lo Stato deve garantire, come previsto dalla legge, la possibilità di arresti domiciliari, con o senza braccialetto elettronico». 

Il senatore Maurizio Buccarella, Movimento 5 Stelle, che nella stessa sede ha rammentato la sentenza delle sezioni unite della Cassazione penale del 28 aprile 2016, rincara la dose: «La Suprema Corte ha statuito che in base all’articolo 275-bis del codice di procedura penale, recante particolari modalità di controllo, il giudice – investito di una richiesta di applicazione della misura cautelare degli arresti domiciliari con il cosiddetto braccialetto elettronico o di sostituzione della custodia in carcere con la predetta misura – qualora abbia accertato la indisponibilità del suddetto dispositivo elettronico, escluso ogni automatismo nei criteri di scelta delle misure, deve valutare la fattispecie concreta alla luce dei principi di adeguatezza e di proporzionalità della misura inframuraria, ovvero di quella meno grave degli arresti domiciliari, in relazione alle esigenze cautelari da soddisfare nel caso concreto rivalutando, se necessario, la precedente determinazione».