Difensori di Mancini: "Nigeriani i primi a colpire"

I legali dell'ultrà replicano a quelli di Chinyery e don Vinicio

Amedeo Mancini

Amedeo Mancini

Fermo, 18 settembre 2016 - Non si è fatta attendere la risposta dei legali di Amedeo Mancini, dopo il duro attacco degli avvocati Letizia Astorri e Igor Giostra, che rappresentano rispettivamente Chinyery, la vedova del profugo nigeriano morto durante la rissa scoppiata in via Veneto, e don Vinicio Albanesi.  L’altro ieri, i legali della donna e del sacerdote avevano sostenuto che non ci sono stati testimoni che hanno assistito a tutta la scena e, citando alcuni passaggi dell’ordinanza del tribunale del riesame, che non si può configurare la legittima difesa per Mancini. «I legali di Chinyery hanno scoperto l’acqua calda – spiegano gli avvocati Francesco De Minicis e Savino Piattoni (nella foto sopra) -. Se il tribunale del Riesame di Ancona avesse riconosciuto - come, secondo noi, avrebbe dovuto - la legittima difesa, Amedeo sarebbe già uscito e il pm avrebbe già richiesto l’archiviazione».

Gli avvocati di Chinyery, secondo i legali di Mancini, continuano a cavalcare un accusa formulata a caldo sulla spinta di chi aveva interesse a sovvertire la verità, che sta venendo fuori attraverso le tante testimonianze (ben nove). Atti alla mano, aggiungono i legali, tutti i presenti ribadiscono l’aggressione del profugo nigeriano, Emmanuel Chidi Namdi, e di sua moglie, in risposta ad un insulto razzista. Questo lo stralcio estratto dal testo delle motivazioni pubblicate dal tribunale del riesame di Ancona (nella foto a destra): “I due nigeriani, dopo aver subìto l’insulto, stavano aggredendo fisicamente e con veemenza il Mancini, fino ad usare, l’Emmanuel Chidi Namdi, un segnale stradale per colpirlo e farlo cadere a terra”. Gli atti, a detta dei difensori di Mancini, parlano chiaro e sono il frutto delle testimonianze raccolte dagli inquirenti.

De Minicis e Piattoni sono d’accordo con i legali di Chiniery sul fatto che i processi si fanno nella dovuta sede e non nelle conferenze stampa, come quelle indette da Astorri e Giostra: «Peraltro, la decisione di Ancona non ha alcun valore definitivo, essendo stata da noi impugnata in Cassazione. Strano, però, che ai colleghi sia sfuggito che, secondo il suddetto tribunale, la loro assistita ha capovolto la realtà. L’aggressione fisica è stata, infatti, opera esclusiva di Chinyery e del suo compagno. Il punto è che, in qualsiasi ordinamento civile, chi riceve un insulto può legittimamente reagire con altro insulto, non a sprangate». Infine, i legali di Mancini se la prendono con chi ha gettato il seme della menzogna e lo ha fa ancora: «Chi ha sobillato gli animi, è chi ha fatto indebitamente ingerire, nel corso della giustizia, ministri e alti parlamentari. Pertanto, rispediamo questa false e infantili accuse interamente al mittente».