Terremoto un anno dopo, Amandola guarda al futuro

"Ma la burocrazia frena tutto"

Amandola dopo il terremoto, una struttura privata in legno (foto Carassai)

Amandola dopo il terremoto, una struttura privata in legno (foto Carassai)

Fermo, 24 agosto 2017 - E  un anno dalla prima tremenda scossa che ha devastato il centro Italia e in particolare le Marche. La fase emergenziale è stata superata, ma la ricostruzione tarda e far vedere i suoi effetti. Erano le 3,36 del 24 agosto di un anno fa quando la prima scossa di magnitudo sei della scala Richter iniziò a devastare il centro Italia. Quella notte, con estrema rapidità, furono evacuati tutti i pazienti dell’ospedale di Amandola. Nei comuni vennero attivati dei punti di raccolta per ospitare la popolazione impaurita. Tanti incontri si sono susseguiti in questi mesi, fra istituzioni, sindaci e la popolazione per affrontare le numerose difficoltà, non ultima l’eccezionale nevicata dell’ultimo inverno. 

Cosa è cambiato in questi 12 mesi? La città di Amandola all’apice dell’emergenza ha registrato circa 900 persone sfollate, oggi sono circa 650, sistemate tra il centro di accoglienza a Pian di Contro, seconde abitazioni e strutture recettive.

«La fase emergenziale è terminata – commenta il sindaco, Adolfo Marinangeli –. Abbiamo provveduto a mettere in sicurezza gli edifici e questo ha consentito di far rientrare alcune famiglie nelle abitazioni. Per la ricostruzione, va fatta una distinzione: per le strutture pubbliche sono stati effettuati interventi, parlo per esempio della chiesa del Beato Antonio, dell’ex Collegiata che oggi ospita il museo, la riapertura di alcuni spazi e servizi nel vecchio ospedale. A breve, infatti, saranno riattivati la Radiologia e la Tac, entro l’autunno verrà aperta anche la Rsa temporanea con 20 posti letto realizzati nell’ex scuola elementare. La ricostruzione privata, invece, non è ancora ripartita».

All’elenco delle opere va aggiunto anche il nuovo ospedale che sarà realizzato in località Pian di Contro nei prossimi anni per un costo di 18 milioni (di cui 5 milioni, frutto della donazione della società russa Rosneft). «La situazione è difficile e complessa – conclude Marinangeli – quando una persona è ferita vuole essere curata per non sentire più dolore. Invece la burocrazia sta complicando la procedure, l’emergenza sisma è stata gestita con leggi normali, quando invece sarebbero state necessarie leggi d’urgenza che si applicano ad esempio in uno stato di guerra per velocizzare le procedure». Nel frattempo la popolazione imparando a convivere con questo stato di cose sta cercando di tornare alla normalità.