Martedì 23 Aprile 2024

L'ambiguità in moschea

IL CONSIGLIO Francese del Culto Musulmano ha diffuso alcuni giorni fa un documento da leggere nelle moschee il venerdì successivo agli attentati di Parigi. Vi è un riconoscimento della violenza come strumento inaccettabile, ma anche della necessità di ripensare il modo di «stare» dell’Islam nelle società occidentali. Si ammette che i responsabili musulmani non sono stati all’altezza dei valori dell’Islam, ma anche della Repubblica; si rifiuta l’atteggiamento «giustificazionista»: razzismo, emarginazione e storia coloniale sono definiti «pretesti». Si riconosce che la libertà di cui godono i musulmani in Europa non è concessa a cristiani, ebrei e atei nel mondo musulmano. Ci si definisce francesi musulmani ancor prima che musulmani francesi. In Italia sabato si sono tenute diverse manifestazioni indette dall’Unione delle comunità islamiche italiane, non molto affollate, ma importanti, perché hanno segnato una presa di posizione senza ambiguità contro il terrorismo islamista. Sul piano del rapporto tra gli islamici e le società occidentali – e i loro valori – le parole del presidente dell’Ucoii, vicina ai Fratelli musulmani, Izzedin Elzir, sono apparse però piuttosto generiche.

IL CONSIGLIO francese, sorto nel 2003 con grandi aspettative, è stato negli anni molto criticato. Tuttavia esiste e oggi è riuscito a produrre un documento di grande significato. Organi simili esistono anche in altri Paesi, sorti tra gli anni Novanta e Duemila, in corrispondenza dell’emergere della minaccia terroristica. In Italia c’è solo un debole organismo consultivo. Nemmeno abbiamo istituzioni simili a quelle che troviamo in Francia per la formazione degli Imam. Il problema da noi si è presentato più tardi e con numeri minori, ma oggi è ineludibile.

FORSE anche di questo si dovrebbe discutere, di come rapportarsi all’Islam per non consentirgli spazi di ambiguità e indurlo al pieno riconoscimento dei valori che in Occidente sono considerati fondamentali – due per tutti, la parità tra i generi e la separazione tra dimensioni spirituale e temporale. Invece che baloccarsi con scaramucce tra «cattivisti» e «buonisti». E bisognerebbe saperlo fare in una prospettiva europea, non come problema di ogni singolo stato. Ma per questo – anche per questo – ci vorrebbero leader capaci di considerare l’Ue qualcosa di più che un distributore di rigore o flessibilità. Purtroppo, però, il giardino europeo per ora ci propone solo nanetti e se tali rimarranno saranno guai.