L'inutile indignazione

I SETTE capi di stato e di governo riuniti in Giappone sono molto spaventati all’idea che al G7 del 2017 in Sicilia al posto di Barack Obama ci sia Donald Trump. Al posto del presidente «abbronzato», come lo definì Berlusconi con una espressione infelice, un presidente dai capelli di un colore incredibile e dalla faccia da comico. E se al posto di Francois Hollande arrivasse Marine Le Pen? E se un domani al posto di Renzi ci fosse – se non Grillo – il suo figlioccio Di Maio? E se e se e se… Orrore, si son detti i Sette Grandi. Ma poiché se mai queste persone dovessero arrivare al potere lo dovrebbero non a un colpo di stato, ma al consenso dei loro cittadini, sarà bene sostituire l’orrore con la riflessione. Dove ha sbagliato il mondo occidentale se i risultati sono questi? Gli Stati Uniti non sono New York, né Boston, né Los Angeles o San Francisco. La pancia dell’America è in un altrove più profondo e meno schizzinoso di quella che ci incanta nei film di Woody Allen.

È UN’AMERICA in cui l’elettorato bianco della classe media e povera si sente sempre più a disagio, più isolato, più minacciato dalle minoranze, più terrorizzato da una invasione migratoria. Non ama la globalizzazione, ha paura della Russia e soprattutto della Cina, considera l’Europa una fonte di costo (la Nato) amministrata da una classe politica vecchia e inconcludente. Pensa che Trump possa davvero,come dice lui, «rifare grande l’America». E lui annunciò un muro col Massico pagato dai messicani e vuole cancellare la riforma sanitaria di Obama che costa un pozzo di quattrini, ma ha reso meno diseguali gli Usa dall’Europa. Trump ha sconfitto sedici competitori repubblicani indignando tutti i salotti buoni del Grand Old Party, travolgendo politiche ragionevoli, sapendo di perdere molti voti moderati ma di guadagnarne tanti di più da quei bianchi furiosi che da anni non vanno a votare e sognano un riscatto economico e perfino razziale.

AL TEMPO STESSO Hillary Clinton si sente addentare ai polpacci dall’indomabile vecchio Bernie Sanders e da quella fascia fortissima di elettorato democratico che si commuove alle sirene socialiste e considera l’attuale capitalismo consunto e ingiusto. Badate che tutto questo non avviene in uno stato sfinito, ma là dove la crisi è stata superata da tempo. Trump dice cose stupide, ma non è uno stupido, dice uno che lo conosce bene. Si prenderà un candidato vice presidente donna e nei prossimi sei mesi aggiusterà il tiro su parecchi temi. Ma nonostante le ambiguità, il cinismo e la debolezza della Clinton, per noi la moglie di Bill sarebbe il male minore. Se i governanti europei non vogliono che ai prossimi G7 vadano Le Pen e Di Maio garantito da Grillo, debbono sostituire l’indignazione sterile con politiche economiche e sociali molto concrete. Come Trump in America, anche i populisti europei mietono voti in fasce di malessere reale. L’Italia non può continuare a crescere la metà degli altri paesi e a vedere i suoi figli migliori con la valigia in mano. L’Europa e l’Onu debbono farsi perdonare il delittuoso ritardo con cui stanno affrontando il problema dell’immigrazione con mobilitazioni economiche, politiche e assistenziali inedite nella storia dell’umanità. Nel dopoguerra l’Europa fu salvata dal Piano Marshall. È urgente inventarsene uno per l’immigrazione.