E’ morto il nigeriano picchiato in strada a Fermo. Era fuggito da Boko Haram

Aggredito con la compagna da un ultrà fermano. I due erano fuggiti passando per la Libia e la ragazza nella traversata ha perso un figlio. Leggi le reazioni politiche

Emmanuel e Chimiary (foto Zeppilli)

Emmanuel e Chimiary (foto Zeppilli)

Fermo, 6 luglio 2016 - E’ morto per le botte prese in strada Emmanuel Chidi Namdi, 36enne nigeriano, che ieri sera era stato picchiato selvaggiamente a Fermo per aver reagito a epiteti razzisti rivolti alla sua compagna Chinyery. L’uomo era un richiedente asilo fuggito con la compagna 24enne dall’orrore di Boko Haram (in una drammatica traversata in cui la donna ha anche perso un bimbo) e ospitato da settembre scorso dal seminario vescovile. GUARDA LE FOTO

Ieri sera la coppia stava passeggiando in via XX settembre quando un 35 fermano ha iniziato a provocarli, chiamando “scimmia africana” lei e insultando pesantemente anche lui. Emmanuel ha reagito alle provocazioni, e l’italiano, ultrà della squadra locale, ha sradicato un palo segnaletico per usarlo a mo’ di spranga, e ha colpito il nigeriano riducendolo in fin di vita. Dopo un giorno di agonia, attaccato al respiratore, questa sera Emmanuel è morto.

Anche la ragazza è stata anche malmenata e ha riportato escoriazioni alle braccia e ad una gamba guaribile in sette giorni. Il 35enne aggressore è stato denunciato.

I due nigeriani se ne erano andati dopo l’assalto di Boko Haram ad una delle chiese cristiane del posto: nell’esplosione erano morti i genitori della coppia e una figlioletta. Passando dalla Libia, erano sbarcati a Palermo. Un viaggio difficile ancora una volta costellato di lutti: in Libia erano stati aggrediti e picchiati da malviventi del posto e lei aveva subito un aborto durante la traversata.

“Da sindaco di una città accogliente e aperta da sempre all’integrazione, mi sembra di precipitare in un incubo - ha commentato il sindaco di Fermo Paolo Calcinaro - E’ d’obbligo, ma non per questo taciuta, la ferma condanna non solo per quanto accaduto ma per quanto emerge dall’episodio, ovvero lo strisciante razzismo che non può e non deve trovare spazio nel modo più assoluto nella nostra città. La mia vicinanza va anche a Don Vinicio Albanesi e a chi opera nelle strutture di accoglienza, per il loro lavoro quotidiano”.

Proprio Don Vinicio ha raccontato la versione che la donna ha fornito agli inquirenti: “Hanno incontrato due persone che hanno cominciato a insultarli pesantemente, si sono avvicinati per chiedere il perché di tanta violenza e sono cominciate anche le aggressioni vere e proprie. Il ragazzo italiano più grande se l’è presa con Chini, il più piccolo con la donna.“ Il sacerdote ha annunciato l’intenzione di costituirsi parte civile.