Il professore: "Sì, il quizzone era truccato"

Una studentessa: tutti sapevamo della possibilità, ma non mi sono fidata

L'esame di maturità

L'esame di maturità

Fermo, 20 luglio 2016 - «Mi sono prestato a truccare la prova d’esame, ma non volevo. Sono stato costretto dalla scuola». E’ la scioccante rivelazione fatta all’ispettore ministeriale da uno degli insegnanti degli istituti superiori privanti coinvolti nello scandalo del quizzone truccato per superare gli esami di Stato. Al momento sono tre le scuole coinvolte e finite nel mirino delle Procure competenti: la «Don Bosco» e la «Leonardo da Vinci» di Fermo, e «Scuola Domani» di San Benedetto del Tronto. Tutti gli istituti sono legati da un filo sottile di parentela: Vincenzo Iorio (Scuola Domani e da Vinci) e il figlio Salvatore (responsabile area commerciale Don Bosco).

Il filone fermano è nato da un esposto dell’ispettore ministeriale finito sul tavolo del procuratore capo, Domenico Seccia, che ha aperto un fascicolo per ora a carico di ignoti ed ha disposto le indagini. Il reato al momento contestato è quello di truffa ai danni dello Stato. Nei giorni scorsi intanto sono stati ascoltati dalla polizia giudiziaria i dirigenti e i professori che facevano parte della commissione d’esame. Uno degli insegnanti ha confessato, ammettendo di aver contribuito a truccare la prova d’esame, ma si è giustificato affermando di essere stato costretto dalla scuola. Una versione, quella fornita dal professore, ora al vaglio degli inquirenti.

Intanto, è emerso che quasi tutti gli studenti degli istituti finiti nell’occhio del ciclone fossero a conoscenza dello stratagemma. «Era una voce che circolava da diverse settimane – racconta un’alunna di una delle scuole private - ma nessun professore me ne ha mai parlato direttamente. L’ho saputo dai miei compagni di classe, qualcuno di loro diceva di conoscere il modo per superare la prova e che aveva concordato la cosa con gli insegnanti. C’era un ragazzo in particolare che era molto informato».

La studentessa spiega poi come funzionasse lo stratagemma: «Era abbastanza semplice, ma allo stesso tempo geniale. Il test consisteva in un questionario con risposte fisse. In base a come iniziava la domanda, si sapeva qual’era la risposta. Io, però, non mi sono fidata. Non avevo la certezza che fosse corretto e certe risposte non mi soddisfacevano. Così ho fatto di testa mia. Alcuni ragazzi, invece, hanno consegnato il compito a tempo di record. Mi è sembrato quanto meno strano».