Tentato omicidio a Rapagnano, Sobrini non accetta le scuse del vicino

Dopo la lettera di Enrico Morelli dal carcere

Fucile, caccia, cacciatore: foto generica

Fucile, caccia, cacciatore: foto generica

Fermo, 30 agosto 2014 - Emilio Sobrini, il 67enne colpito alla gamba con una carabina di piccolo calibro il 7 agosto a Rapagnano da Enrico Morelli, il vicino 26ennne ora agli arresti nel carcere di Ascoli con l’accusa di tentato omicidio, nutre forti dubbi sull’autenticità delle scuse presentate dal vicino tramite una lettera fatta recapitare al suo avvocato.

«Nutro amarezza per il modo in cui questa richiesta di scuse è stata formulata — sostiene fermamente Sobrini — perché assume i contorni di posizione strategica per tornaconto personale piuttosto che di scuse autentiche e sincere». Una riflessione salda e chiara, la sua, motivata da una lunga serie di interrogativi e considerazioni. «Perché si fa scrivere sulla stampa che mi è stata fatta recapitare una lettera di scuse, portatami direttamente dall’avvocato Paolo Cecchetti, quando ciò non è mai accaduto? — chiede Sobrini —. Perché nonostante questo non si sia verificato, lo si fa scrivere su tutti i giornali chiedendomi una risposta come se fossi io il criminale e non la parte lesa? Perché — insiste ancora — il mio attentatore ha affermato di essere con me in rapporti di cordialità, quando sia lui che sua madre non mi rivolgono la parola da quindici anni?».

Nelle parole di Sobrini non ci sono solo dubbi, ma anche paura che l’uomo sia rimesso in libertà, e comunque fiducia nella giustizia. «Queste scuse arrivano solo pochi giorni prima del Riesame di Ancona fissato per il 2 settembre — spiega — nel quale si potrebbe decidere anche di rimettere in libertà di Morelli». «Ho fiducia nelle istituzioni — prosegue Sobrini — e lascio agli inquirenti di stabilire la ricostruzione dei fatti, ma confesso di avere paura al pensiero di tornare ad avere a cinque metri da casa chi ha attentato alla mia vita perché, che si tratti di gesto volontario o involontario, ho il terrore che si possa ripetere anche a discapito delle persone che ho accanto». Timori sulla verità delle scuse di Morelli sono rinsaldati dalle riflessioni di Sobrini in merito a considerazioni non veritiere che sarebbero state fatte nella lettera di scuse. «Se Morelli sostiene di avermi colpito per errore, e la sua intenzione era uccidere un serpente a pochi metri da me — conclude — perché non sono stato soccorso mentre urlavo e mi dissanguavo? Perché Morelli non mi ha chiesto scusa in quel momento e lo fa ora?».