Dagli scavi archeologici di Comacchio emerge un altro tesoro

Un basamento in pietra di 2 tonnellate è emerso in località Baro Zavelea. Mario Casarano: «Un parallelepipedo decorato risalente all’epoca giulio-claudia del 30-50 d.C.».

Il blocco di pietra del I° secolo mentre viene trasportato all’ex ospedale degli Infermi

Il blocco di pietra del I° secolo mentre viene trasportato all’ex ospedale degli Infermi

Comacchio, 21 novembre 2015 – Mentre si attende la scelta popolare per nome e logo del museo dell’ex ospedale degli Inferrmi, la storia continua a fare preziosi regali che andranno dritti dritti a riempire il futuro contenitore museale.

Sono stati infatti rinvenuti due giorni fa in località Baro Zavelea, al confine tra Valle Pega e Mezzano, eccezionali reperti che rimettono completamente in discussione le vecchie ipotesi sulla presenza di un faro romano.

Gli scavi archeologici ripresi quest’estate dalla Sovrintendenza dell’Emilia Romagna non hanno riguardato solo la nave romana ritrovata in Padovetere, ma hanno ripreso pure il vecchio scavo situato a pochi metri dall’Argine Agosta, in quella che un tempo era la Fossa Augusta che collegava il Po con Ravenna.

La scoperta di una basamento in laterizio di 2 metri per 7 era già stata oggetto di studi nel 1976, con gli archeologi Giovanni UggIeri e Stella Patitucci, e l’ipotesi più accreditata era che si trattasse della base della torre un faro. Un’ipotesi ritenuta valida fino a quest’estate, durante gli scavi ripresi sotto la supervisione del funzionario Mario Cesarano, in uscita, e il coordinamento di Caterina Cornelio, a cui Cesarano passerà il testimone.

L’intenzione era quella di riprendere il lavoro alla luce delle nuove tecnologie a disposizione per indagare la stratigrafia.

Allargando lo scavo però, è emerso qualcosa di nuovo.

«Sul fronte rivolto verso la strada s’è scoperta un’altra piattaforma di laterizi, in asse con la prima, come se fosse l’accesso ad un alto edificio in legno e mattoni e rivestito da marmi, andato poi crollando per via del tempo e per agenti atmosferici come alluvioni», spiega Cesarano.

Di pietre e mattoni è infatti disseminata la zona circostante. Ma è un grande blocco di pietra bianca, del peso di 2 tonnellate a destare il maggiore interesse.

«E’ un parallelepipedo ben conservato che reca su tre facce decorazioni in bassorilievo e fregi chiaramente riconducibili all’epoca augustea: bucrani sormontati da festoni, una patena per le libagioni, foglie di alloro. Sono chiari simboli della propaganda imperiale, propri del’età giulio-claudia (30-50 d.C-)».

Quale la funzione del blocco, forse supporto a una statua, e quale dell’edificio è ancora da capire, ma di certo l’ipotesi del faro va sfumando.

L’eccezionale rinvenimento, asportato ieri pomeriggio è ora all’ex ospedale degli Infermi per il restauro e futura collocazione.

Candida Cinti