Carife, indagati Lenzi e Puglioli

Gli ex presidenti di banca e fondazione nei guai per false comunicazioni sociali

Da sinistra Piero Puglioli e Sergio Lenzi

Da sinistra Piero Puglioli e Sergio Lenzi

Ferrara, 13 ottobre 2015 - La delibera dell’aumento di capitale, pari a 150 milioni di euro, il 6 maggio 2011 venne approvata all’unanimità: 167 i soci aventi diritto per azioni pari a 23.527.788, rappresentanti il 67,72 per cento del capitale sociale. Ma proprio quell’aumento, da tempo, è finito al centro – insieme ad altri aspetti – della maxi inchiesta portata avanti da Procura e Finanza che vede, già da qualche mese, due persone iscritte nel registro degli indagati: l’ex presidente della Cassa di Risparmio Sergio Lenzi e l’ex numero uno della Fondazione, Piero Puglioli. Secondo quanto trapela, entrambi sarebbero chiamati a rispondere di reati finanziari, in particolar modo false comunicazioni sociali. Un atto dovuto, a garanzia degli ex vertici, portato a conoscenza degli stessi solo nei giorni scorsi in occasione di una proroga d’indagine.

Top secret. «Un’inchiesta delicatissima», insistono gli inquirenti, che continuano a rimanere muti a riguardo. Da tempo, sulle scrivanie del procuratore capo Bruno Cherchi e dei sostituti Nicola Proto e Barbara Cavallo, circolano esposti di imprenditori e semplici clienti della banca, in merito al modus con cui venne proposto e varato l’aumento di capitale di quattro anni fa che salvò, in quel momento, Carife dal commissariamento, arrivato poi due anni più tardi. In quegli atti si lamenterebbero presunte irregolarità in merito alle procedure adottate nel 2011, finite poi al centro degli accertamenti del Nucleo tributario della Guardia di Finanza. Atti confluiti alla fine del 2014 nell’indagine conoscitiva, aperta inizialmente a modello 45 (atti relativi), ma cambiata poi con il passare dei mesi fino ad arrivare all’iscrizione di Lenzi e Puglioli. Il primo, in Cassa, ha ricoperto il ruolo di presidente dal 27 aprile 2010 al 30 aprile 2013, e oggi è destinatario di una richiesta di risarcimento danni da 162 milioni di euro nell’ambito della maxi azione di responsabilità civile intentata dai commissari di Bankitalia. Il secondo, invece, ha lasciato l’incarico di numero uno della Fondazione in aprile 2014 per ragioni legate all’azienda di cui è amministratore, «per prevenire ogni possibile situazione di inopportunità».

Doppia inchiesta. Ma l’indagine della Finanza – che ha inglobato i due anni di commissariamento, ovvero l’azione di responsabilità da 309,5 milioni contro 31 persone, poi ‘scontati’ a 100 in sede di determinazione – che abbraccia le gestioni Santini-Murolo e quella Grassano-Lenzi-Forin, non è la sola. Il filone ‘gemello’, questa volta del Nucleo Investigativo dei carabinieri, riguarda la cessione della Banca di Treviso alla Popolare di Marostica. L’ipotesi di reato, in questo caso, parla di truffa aggravata ai danni di Carife e vede indagati l’ex direttore generale dell’istituto ferrarese (Giuseppe Grassano) e l’ex presidente della Popolare (Gianfranco Gasparotto).

Vegagest. Altra grana legata alla Cassa di Risparmio, quella sui progetti immobiliari Milano Santa Monica e MiLuce di Vegagest, che procurò un danno alla banca di 150 milioni, si è conclusa invece il mese scorso con sette assoluzioni (tra cui l’ex dg Gennaro Murolo) e altrettante dichiarazioni di prescrizione. Dall’associazione di tutela dei consumatori Federitalia, intanto, è partito un esposto alla Procura di Milano per riuscire a ribaltare, in Cassazione, la decisione di secondo grado.