Ferrara, 12 giugno 2011 - IL SECONDO round è perso. Manca la terza e decisiva battaglia. Dopo Ferrara e Bologna rimane Roma, Suprema corte di Cassazione. Da quel momento in poi la sentenza per Luca Pollastri, Enzo Pontani, Paolo Forlani e Monica Segatto, i poliziotti condannati in appello per la morte di Federico Aldrovandi (3 anni e 6 mesi per omicidio colposo, godranno dell’indulto), diventerà definitiva. Ma le difese, seppur colpite duramente anche dalla Corte d’appello due giorni fa, non si danno per sconfitte. Tutt’altro, come spiega l’avvocato Gabriele Bordoni: «Leggeremo le motivazioni poi andremo sicuramente in Cassazione — dice — perché riteniamo vi siano elementi dal punto di vista tecnico e giuridico da rivedere».

Ma quella, in ogni caso, non sarà l’ultima spiaggia. «Siamo pronti ad andare davanti alla Corte europea di Strasburgo per confrontarci con una giustizia fuori dall’Italia. Ci sono cose che in Europa, a differenza del nostro Paese, vengono considerate. Noi siamo, e rimarremo, convinti della nostra tesi». Ovvero la causa del decesso di Federico, 18 anni, si chiama excited delirium syndrome, una morte improvvisa provocata da una sovreccitazione da alcol e droga. Tesi fin qui bocciata sia dal tribunale estense che da quello felsineo secondo i quali il ragazzo, spirato all’alba del 25 settembre 2005 in via Ippodromo, morì per soffocamento causato da un colpo dei poliziotti.
Critico. Nella sua arringa difensiva, che ha chiuso la discussione prima della camera di consiglio, il legale ha attaccato la prima parte delle indagini (i poliziotti vennero indagati solo 6 mesi dopo, ndr), ha parlato delle 54 lesioni sul corpo di Federico («abbiamo un quadro lesivo assolutamente incapace di generare un fenomeno letifero»), ha ricordato la chetamina assunta dal diciottenne quella notte («non è morto per l’uso di droga ma dobbiamo essere rigorosi nel sostenere che l’alterazione di Federico nasce da quella maledetta sostanza»). Ma soprattutto ha criticato pesantemente la tesi del professor Thiene e del soffocamento («non ci sono elementi e non dimentichiamo che Thiene è un superconsulente di parte e che viene a processo inoltrato a risolvere la vicenda analizzando due rilievi fotografici»).

Napolitano. Se da un lato la difesa promette nuove battaglie, la famiglia Aldrovandi incassa la seconda vittoria annunciando una lettera al Capo dello Stato. «È una sentenza giusta. — spiega Patrizia Moretti, mamma di Federico — Sono colpevoli. È chiarissimo. E se ci sarà un terzo grado di giudizio non potrà che essere di conferma della loro colpevolezza. Dopo tutti questi anni sembra ancora che il processo lo facciano a noi. Ogni volta che alla sbarra ci sono le forze dell’ordine gli imputati sono le vittime. Chiederò al Capo dello Stato che impedisca questo linciaggio». E a Napolitano sa già cosa dire: «Chi uccide qualcuno non può più indossare una divisa, è pericoloso per i nostri figli e i nostri fratelli».