Ferrara, 21 gennaio 2012 - Furono le maestre ad accorgersi che qualcosa, in quel sacerdote, non andava più. Strano lui, strani i bambini della scuola che da anni gestiva, in un paese dell’alto ferrarese. «Carezze un po’ troppo spinte, — secondo le accuse — palpeggiamenti, strofinamenti nelle zone intime e baci sulla bocca a una decina di bimbetti». Colpevole, per il tribunale estense, tradotto il 9 aprile 2008 in 6 anni e 10 mesi di condanna. Colpevole anche per il procuratore generale Miranda Bambace che ieri, al termine della sua lunga requisitoria in appello, ha chiesto alla corte di riconfermare la pena del primo grado.
 

Accusa e difesa. Credibili e fondate, per il pg, le accuse contenute nelle testimonianze oculari delle insegnanti, delle cuoche e delle ausiliarie della materna ferrarese, che riferirono in aula numerosi episodi verificatisi durante gli anni scolastici 2003-2004 e nei primi mesi del 2005. «Il mio assistito deve essere assolto perché innocente — la replica dell’avvocato Giuseppe Coliva del foro di Bologna — Confido in una decisione congrua e giusta dei giudici».
 

Sotto choc. Una vicenda che squarciò la quiete di un’intera provincia e fece tremare la curia felsinea. I riflettori sulla scuola vennero accesi all’inizio del 2005 dopo che alcune insegnanti, non senza timori e dubbi, presentarono ai carabinieri una denuncia nei confronti del sacerdote, nato a Verona e fino a quel momento ben voluto da tutti. In quell’occasione, le due donne raccontarono alcuni episodi circostanziati di molestie ai danni di una decina di bimbi: carezze un po’ troppo spinte, palpeggiamenti, strofinamenti, baci sulla bocca. A convincerle a parlare e a vincere gli iniziali timori reverenziali verso l’uomo, fu la direttrice della scuola materna. Lei stessa, infatti, non solo venne presto a sapere dalle maestre e dalle ausiliare (in lacrime) di alcuni episodi emblematici accaduti in passato ma fu addirittura testimone oculare di numerose attenzioni morbose del prete verso una bimba kosovara, ospite della parrocchia assieme alla madre, al padre e ai fratellini.
 

L’arresto. Il caso esplose letteralmente quando la procura decise di arrestarlo: inizialmente venne detenuto ai domiciliari nella canonica della parocchia, a fianco dell’asilo. Rimase lì fino all’estate del 2005 quando fu poi trasferito in una struttura religiosa del Bolognese. «Sono innocente», ha sempre gridato lui, attaccando chi lo accusava e parlando di invidie e ripicche nei suoi confronti. Il suo destino giudiziario verrà deciso il 7 marzo, giorno fissato per repliche e sentenza.