Ferrara, 14 febbraio 2012 - È passato un mese. Anzi, un mese e un giorno. Venerdì 13 gennaio il titano bianco della Costa Crociere si è accasciato su un fianco, riversando sulle spiagge dell’isola del Giglio il suo carico di umanità e di tragedia. A bordo c’erano almeno sette ferraresi: una famiglia (papà, mamma e tre figli), un imprenditore di Codigoro e un giovane ufficiale centese in servizio. Oggi, la Concordia è ancora lì. I tecnici hanno cominciato l’estrazione del gasolio contenuto nelle viscere della nave (proprio ieri è stato completato il pompaggio di 103 metri cubi di carburante dal primo serbatoio). E a ‘sovrintendere’ alle operazioni c’è anche una società ferrarese. O meglio, estense è l’assicurazione del pontone Meloria (la chiatta galleggiante usata come piattaforma per il trasporto o per l’appoggio merci), ora ancorata al relitto; affiancata alla chiglia. Da lì partono tutte le operazioni per applicare valvole, dalle quali si procede verso la linea per lo scarico, su un’altra nave cisterna.

Alberto Scala, 58 anni, originario di Milano ma ferrarese d’adozione («vivo qui da 30 anni») è l’amministratore delegato della BseaG srl. È la società di assicurazioni, specializzata in ambito marittimo, nata nella nostra città negli anni Sessanta (da una costola della Navale Assicurazioni); e attualmente vanta un volume d’affari di circa 25 milioni di dollari l’anno. In tutto il mondo. «Noi ci occupiamo della copertura assicurativa del pontone della Neri che sta effettuando il debunkeraggio del gasolio della Costa», spiega Scala dal suo ufficio di Borgoleoni.

Una copertura sulla responsabilità civile (in gergo si chiama P&I, protection and indemnity) per gli «eventuali danni da inquinamento, gli infortuni del personale o dei passeggeri e i sinistri». Anche, quindi, una ipotizzabile negligenza che porterebbe a una fuoriuscita dalla Concordia. Quel che si chiamerebbe ‘disastro ambientale’. Dal centro storico ferrarese è partita la polizza per la Fratelli Neri (la ditta livornese proprietaria della struttura). La stessa che, ogni giorno, opera sotto i riflettori di tutto il mondo e che si è già candidata nella la gara di appalto per la rimozione della carcassa. Un colosso di lamiera divenuto ormai impietosa e ingombrante metafora dello Stivale; di quell’Italia che non si vorrebbe più veder passare davanti agli occhi.