Ferrara, 14 marzo 2012 - La prima edizione, pubblicata da Garzanti nel 1991, fu un grande successo. Così lo scrittore Roberto Pazzi, questa volta con Bompiani, ha deciso di ridare alle stampe, con qualche variante linguistica e nella collana ‘I grandi tascabili’, il romanzo ‘La stanza sull’acqua’ che oggi esce nelle librerie italiane. «Una fiaba dai colori struggenti, che rammenta la Salambò di Flaubert, una lettura seducente sia per gli adulti che per i ragazzi» è il prezioso ‘ricamo’ a firma di Dacia Maraini che orna l’attuale copertina. Fu proprio la scrittrice a presentare il libro a Ferrara, alla sala Estense, nel maggio di 21 anni fa.Il 31 marzo prossimo, invece, per parlare del romanzo insieme all’autore, arriverà da Melbookstore Renato Barilli che, all’uscita dell’opera, scrisse: «Un adepto di valore Eco e Calvino l’hanno nella persona di Roberto Pazzi, che si è specializzato nel genere che dalla storia decolla verso la metastoria... Storia che in lui serve da puro pretesto per innescare mirabili costruzioni».

Chi e che cosa la ispirò a immergersi nella Roma di Cesare e Cleopatra?
«Valery diceva che ‘il primo verso è un dono degli dei, ma gli altri occorre ricavarseli da soli’. Il dono degli dei fu un invito a scrivere questa storia di una scrittrice scomparsa da anni, Paola Masino, la compagna di Massimo Bontempelli. Nel luglio del 1986, ci trovavamo a cena con alcuni amici sulla splendida terrazza dell’hotel Forum - l’albergo che oggi ospita il professor Mario Monti a Roma - che si affacciava sul Foro Romano. Ammirando nella notte lo straordinario panorama, nominai il carcere Mamertino, dove erano stati tenuti prigionieri e giustiziati nemici di Roma come Giugurta e Vercingetorige. Sentendomi nominare quest’ultimo, l’eroe dei Galli contro Roma, la scrittrice intervenne ‘Sei anni Cesare ce l’ha tenuto in quel carcere Vercingetorige, sei anni… la scriva questa storia, Pazzi, la scriva…». E così iniziai indagando sul complesso rapporto che esisteva fra Cesare e quel grande vinto, fino a individuare in lui il figlio che forse Cesare avrebbe sognato di avere, invece di Cesarione».
Che cosa rappresentano le figure di Cleopatra e Cesarione nel suo immaginario?
«Le due figure si collegano al fascino delle indagini solo possibili in un romanzo, la ricostruzione degli eventi storici coi ‘se’, la quale ha una forza di attrazione irresistibile, come dimostra il successo inossidabile del genere romanzo storico, con le volgari metastasi del genere ‘Il codice da Vinci’… Se Cesarione si fosse salvato dalle grinfie di Augusto, vincitore di sua madre Cleopatra, l’erede legittimo di Cesare sarebbe stato lui. E che cosa avrebbe potuto accadere all’Impero allora se fosse andato al potere al vertice colui che era anche erede di Cleopatra?».
Perché certe figure tragiche come gli ultimi Romanov in ‘Cercando l’Imperatore’, Tiberio, Giuda e Pilato in ‘Vangelo di Giuda’ e ne ‘La stanza sull’acqua’ Vercingetorige e Cesarione, accendono la sua ispirazione?
«Perché lo scrittore davanti alle vittime della Storia, ai perdenti, ha il dovere di recuperare la verità di Abele, che non può tornare indietro a raccontare la sua versione dei fatti, tramandata da Caino, l’assassino, il vincitore. Sappiamo tutti che la Storia viene scritta da Caino, cioè dai vincitori, mai dai vinti. Ecco il compito del romanziere di Storia, quello di mostrare anche le verità nascoste nel silenzio degli sconfitti. La verità di Abele, appunto».

di Isabella Cattania