Ferrara, 5 aprile 2012 - «Notai i capelli, il corpo era coperto da un tronco bruciato. Alcune parti erano solo ossa, in altre si vedeva ancora la carne. Poi lo smalto, quella ragazza aveva lo smalto ben curato sulle unghie». Era il 24 marzo 2008, il giorno di Pasquetta. Cecilia e Luca, 19 e 21 anni, con altri amici stavano passeggiando lungo l’argine del Po a Zocca di Ro e finirono davanti al corpo martoriato di Paula Burci, la diciottenne prostituta romena, uccisa brutalmente e semicarbonizzata.

Quegli attimi terribili sono stati rivissuti ieri, per la prima volta, nell’aula B di palazzo di giustizia davanti alla Corte d’Assise. Un film dell’orrore, tanto crudo quanto assurdo, con due protagonisti accusati di omicidio premeditato, distruzione e occultamento di cavadere: Gianina Pistroescu, 36 anni romena detenuta nel carcere di Bologna e con alle spalle una condanna per sfruttamento della prostituzione, e il fidanzato Sergio Benazzo, 35 anni idraulico di Villadose, ancora all’Arginone. Flash improvvisi, immagini sfuocate quattro anni dopo. Come quelle di Mariano Fabbri, ex responsabile dell’albergo Stazione e del residence Saraceno. «Mi occupavo della registrazione dei clienti — racconta —, in via Saraceno alloggiarono sette notti Paula Burci e la Pistroescu, arrivarono il 25 gennaio 2008. Paula, piccolina e di corporatura magra, non parlava e non capiva l’italiano. Ricordo i suoi capelli rossicci. Erano sempre insieme».
 

Chi ha conosciuto bene la Pistroescu è stato Bruno Margutti, copparese. Una testimonianza piena di dimenticanze la sua, interrotta dai diversi ammonimenti del giudice Luca Marini e della pm Barbara Cavallo. «La incontrai in piazza Travaglio a novembre 2007 — spiega — perché mi serviva una badante per mia suocera. La conoscevo con il nome di Alina». La romena prima accetta, poi d’improvviso rinuncia. «Mi disse che doveva arrivare suo fratello dalla Romania con due ragazze che si dovevano prostituire così lei era a posto». Gianina «mi chiamava spesso, diceva che non aveva soldi per mangiare e che il suo ragazzo non lavorava e doveva mantenere anche lui». Tra quelle ragazze dalla Romania, secondo le accuse, c’era anche Paula. «Un giorno Alina mi contattò — riprende —, era piuttosto irritata perché la giovane che lavorava per lei era scomparsa. Mi disse di andare nella zona della stazione a cercarla. Due giorni dopo mi ritelefonò dicendomi che potevo stare tranquillo perché la ragazza era stata con un cliente ma era tornata». Passa ancora qualche giorno e Margutti, in auto con un parente, ritrova di sera la Pistroescu sulla curva di Ingegneria.

«Accostammo ma lei mi disse di andare via perché era successo un guaio e non voleva procurarmi problemi perché io non c’entravo nulla». Non chiamarmi più, non fermarmi più, disse. Fu la stessa però a ricontattare il copparese: «Era disperata, aveva bisogno di 300 euro per andare via. Doveva sparire dall’Italia, in Romania non poteva tornare per problemi con la giustizia, così parlava di Germania e Francia. Mi chiese di farle una ricarica. Il giorno seguente la ricontattai ma il telefono era muto. Dai giornali imparai che era stata arrestata per omicidio». La romena finì in manette il 7 marzo 2008, l’ultimo contatto telefonico di Paula Burci risale al 16 febbraio. Secondo le accuse sarebbe stata uccisa tra il 16 e il 7.

Nicola Bianchi