Ferrara, 12 maggio 2012 - RESPIRAVA ancora Paula. I suoi aguzzini l’avevano picchiata fino a farla svenire. Qualcuno la pensò morta. Così la «caricarono su un furgone», la portarono «ai margini di un bosco» e la bruciarono. Viva. Flash agghiaccianti, ricordi ancora pulsanti nella mente di Jana Serbanoiu, ex compagna di cella in Romania di Gianina Pistroescu, quest’ultima imputata per l’omicidio della diciottenne prostituta romena Paula Burci assieme all’ex fidanzato Sergio Benazzo, idraulico di Villadose. Un racconto fiume, il suo, in videoconferenza dal carcere di Arad, dove è rinchiusa da più di 8 anni per truffa, trasmessa nell’aula 11 del tribunale di Bologna.
 

NON PARLO. L’esordio di Jana Serbanoiu è tutt’altro che semplice. «In queste condizioni — chiarisce — non posso testimoniare. Da quando ho cominciato a collaborare per questa vicenda mi sento in pericolo. La Pistroescu ha fatto arrivare messaggi in carcere in Romania e io mi sono trovata nei guai. Voglio sicurezza, sono stata insultata, alcune detenute mi vogliono picchiare, mi hanno sputato». La Corte d’Assise sobbalza. Il giudice Luca Marini ammonisce: «Se oggi non parlerà, sarà accusata di testimonianza reticente». Tocca al pm Barbara Cavallo, con grande tenacia, risolvere la situazione. «Lo Stato italiano interverrà con quello romeno per garantirle massima sicurezza. Lo garantisco in prima persona». E’ la mossa decisiva. La testimone chiave dell’accusa si convince. Le 11,25. «Bene, — sospira la romena — allora cominciamo».
 

MASSACRATA. Tutto parte dal carcere di Craiova, anno 2009/2010. Con Jana, in cella, c’erano altre 22 donne tra cui Gianina Pistroescu, all’epoca appena indagata per l’omicidio di Paula Burci. «Mi chiese di aiutarla a scrivere una lettera per l’autorità italiana perché voleva essere ascoltata in merito a quei fatti — spiega la donna tradotta in aula da ben tre persone — Le domandai cosa c’entrasse in quell’omicidio, prima mi rispose nulla, poi...». Il racconto è terribile. «Disse che Paula venne portata in Italia da suo fratello con la promessa di un posto come colf». La diciottenne viene subito piazzata a Villadose a casa di Sergio e Gianina. Il suo lavoro sarà la strada.

Paula non ci sta, tenta di ribellarsi e di uscire da quell’inferno. Tutto inutile. Diventa merce di scambio per sanare un debito contratto dalla Pistroescu con un gruppo di marocchini e romeni. «La ragazza venne consegnata a tre persone da Gianina e Sergio — precisa ancora — ma una sera fuggì e tornò a Villadose chiedendo protezione e minacciando di andare dai carabinieri». I suoi aguzzini però la raggiunsero in fretta per massacrarla. In quanti erano, chiede il pm? «Gianina, Sergio (che, secondo la testimone, usò anche un martello, ndr) e altre due o tre persone, loro amici. Per le botte prese Paula si sentì mancare e loro si spaventarono». Così la caricarono su un furgone, la portarono «al margine di un bosco» (il cadavere venne ritrovato in golena a Zocca di Ro) e le diedero fuoco. Respirava mentre la conducevano in quel luogo, insiste il pm? «Sì, — chiude Jana — Gianina mi raccontò che stava ancora respirando e che lei, poi, tornò a orinare nei pressi del cadavere».

dall'inviato Nicola Bianchi