Ferrara, 24 giugno 2012 - Ha detto ai gendarmi francesi di averla soffocata con il nastro adesivo martedì, nella tarda mattinata. "L’ho fatto per gelosia, perché avevo paura che mi tradisse". Poi ha nascosto il corpo di sua moglie Raachida Lakhdimi, 37 anni, sotto il letto, in un sacco nero dell’immondizia.

I loro due bambini, invece, li ha portati a casa del fratello, nel Bolognese, solo il giorno dopo; mercoledì. Questo ha raccontato. Significa che i piccoli sono stati vicini a quell’orrore. Che ci hanno convissuto. Almeno una notte, se non un giorno intero. Un particolare che aggiunge sconcerto a un delitto già agghiacciante ("il corpo più straziato che io abbia mai visto", commentava uno degli inquirenti). Una follia che si è consumata in silenzio, nel centro di Consandolo, al primo piano del civico 16 di via Di Mezzo.


Jendari ora è in stato di fermo a Belfort, una cittadina di poco più di 50mila abitanti, nella regione della Franca Contea, quasi al confine con la Svizzera. Per lui è stato emesso un mandato di arresto europeo, dopo il provvedimento di custodia cautelare firmato dal giudice per le indagini preliminari di Ferrara, Silvia Marini. L’accusa è omicidio volontario.


Il marocchino di 42 anni è lì, nel posto dove si è presentato per confessare l’assassinio della moglie. È fuggito da Consandolo dopo il crimine che dice di aver commesso. Ha raggiunto la Francia, dove vive la sorella; e da lì, probabilmente, avrebbe voluto scappare in Marocco; cambiare vita e lasciarsi alle spalle l’ossessione di essere tradito. La gelosia cieca che, secondo quanto ha dichiarato, lo ha spinto ad avvolgere la donna nel nastro adesivo, a tapparle il naso e la bocca, fino a toglierle l’ossigeno. Nei giorni più caldi che giugno ricordi, poi, l’ha infilata in un sacco di nylon, l’ha chiuso con alcuni calzini, e l’ha infilato sotto il letto.


Una volta arrivato nel capoluogo d’Oltralpe, si è sfogato con la sorella. Le ha descritto i particolari. Quei gesti impossibili da giustificare. E lei lo ha convinto a costituirsi alla locale gendarmerie. Era giovedì sera.
Negli stessi istanti, davanti a piazza Pertini, veniva scoperta la barbarie. Il corpo di Raachida era sfigurato, gonfio, martoriato dalle condizioni disumane nel quale era stato costretto per ore, forse giorni. "Il delitto potrebbe essere stato commesso da uno a tre giorni prima il rinvenimento", ha detto il medico legale dopo il primo esame superficiale sul luogo del crimine.
 

Ma per sapere la verità bisognerà attendere. Aspettare che venga ultimata la pratica per l’estradizione — potrebbero essere necessarie anche alcune settimane per l’invio di tutta la documentazione tradotta da parte del ministero — e che lui rientri in Italia. Solo allora potrà partire l’autopsia sul cadavere della donna: un atto non ripetibile che dovrà essere effettuato in contraddittorio.
 

I due bambini, vittime anche loro di quell’omicidio, verranno affidati nelle prossime ore alle decisioni della procura dei minori.

di Benedetta Salsi