Ferrara, 28 agosto 2012 - Quando si fa sera sembra trascorso un istante da quel boato che ha squarciato la notte, sorprendendo intere famiglie nei loro letti e spezzando povere vite nei capannoni sempre operosi. Quando la giornata avanza, allora, sembra protrarsi da un tempo incalcolabile la convivenza con le macerie, la paura, gli infiniti disagi. Sono cento.

Calendario alla mano, sono cento i giorni dal primo sisma che ci ha trascinati in un mondo in cui niente è, e sarà, più come prima. Mai però ci si è arresi. Anche quando il terremoto in Emilia ha abbandonato i titoli dei telegiornali, le maniche erano ben rimboccate. Molto è cambiato. Forse non sempre alla velocità o nella completezza auspicata, sperata da chi ha perduto molto o tutto, ma il cambiamento prosegue.

Ecco allora che imboccando la Cispadana, chiusa dopo il sisma per ripristinarne la sicurezza, si superano le vestigia della Torre del Cocenno, di cui le scosse hanno fatto scempio, e si incontra il campo sportivo di San Carlo, sede della tendopoli. Rimangono alcuni container e la grande tensostruttura esterna di quella cittadella della salvezza in cui in tanti hanno trovato rifugio, nata da quel pugno di persone che il 20 maggio vi si era ritrovata spontaneamente e chiusa due settimane or sono.

La vita è tornata in paese. Già imboccando via Risorgimento, inizio della zona evacuata a causa della liquefazione, il minimarket è aperto, le auto sono parcheggiate ai lati dalla strada. La tabaccheria si è trasferita in un container, mancano le amate scuole elementari e qualche abitazione, abbattute. Qua e là cumuli di quella sabbia, ormai secca, che è esplosa dalla terra. Poco più in là l’Oratorio Ghisilieri è distrutto, ma il telone che cerca di ripararlo dalle piogge denuncia la caparbietà di chi non lo lascerà morire.

Tanti i simboli. Anche a Sant’Agostino. Il municipio, demolito, ha lasciato il posto a un cumulo, ma tutti sono chiamati a pensare dove nascerà la nuova sede comunale. Le vecchie medie di corso Roma sono lì: se ne deciderà l’impiego, mentre i lavori delle nuove partiranno mercoledì. Oggi inizierà la messa in sicurezza della chiesa: con l’intervento quasi completato del campanile si potrà a inizio settembre riaprire la strada che taglia in due il capoluogo.

Le fabbriche restano il riflesso di un’economia che impone di fare più in fretta: sono decine gli stabilimenti a terra o danneggiati, come i fienili crollati. Si incontrano sulla strada per Mirabello. E’ ancora impressionante lo squarcio nella chiesa: il terremoto ha letteralmente spaccato il suolo su cui secoli fa correva il fiume, dove però ora si può tornare a transitare. Anche qui non si cede, come dimostra la sommità del torrino del campanile al centro della piazza, ormai un emblema. Almeno quanto lo stemma municipale che è tornato su ciò che è rimasto della torre dell’orologio di Castello Lambertini a Poggio Renatico. L’antico palazzo ora ha un tetto, ad opera dei vigili del fuoco, che hanno coperto anche il basamento del campanile, fatto saltare per salvare la chiesa. I primi passi. I primi cento giorni.

Cristina Romagnoli