Ferrara, 14 marzo 2013 - “Noi, troppo spesso rappresentati come una banda di pericolosi e scatenati teppisti”. E' l'incipit di un comunicato sfogo con il quale il Sap, il Sindacato autonomo di polizia, torna sulla vicenda Aldrovandi e sugli strascichi che si è portata dietro, anche al di fuori delle ben note vicende giudiziarie.

“Noi del sindacato – continua la nota - rappresentiamo i poliziotti, intendendoli come lavoratori del comparto sicurezza e dunque accogliamo con malessere che donne ed uomini impegnati in uno strenuo lavoro al servizio della collettività, vengano apostrofati in tale modo, senza che in via ufficiale nessuno abbia mai palesato il proprio sdegno”. Fatta questa premessa, il sindacato di polizia si addentra più nel dettaglio nel caso di Federico Aldrovandi, il 18enne morto in via Ippodromo nel settembre del 2005, definito nella nota un “dramma vero e irreparabile”: “Dopo tante polemiche, dibattiti, processi, esternazioni pubbliche, cortei, concerti, si continua (chissà perché), a non voler considerare i fatti nella loro interezza. Rimangono sfuocati sullo sfondo gli eventi e le circostanze che si sono concatenati portando Federico a trovarsi da solo, in quelle condizioni, in via Ippodromo. Il quadro generale – prosegue il comunicato - mette crudamente a nudo la nostra incapacità di cogliere i segnali di un disagio, la facilità con la quale circolano gli stupefacenti, la scarsità o la mancanza di preparazione di chi soccorre e di chi deve intervenire in tali drammatici momenti, le dotazioni superate ed inadeguate, l’attitudine ad individuare un solo responsabile, così tutti gli altri possono chiamarsi candidamente 'fuori' da ogni responsabilità materiale o morale. Tra le tante cose sentite o lette, ci sono affermazioni che lasciano però scorgere un’affiorante volontà di mettere da parte le animosità e le contrapposizioni; pare trasparire la voglia di andare oltre ed analizzare non solo l’episodio, ma il contesto nel quale è scaturita la tragedia. Dette istanze – conclude il Sap - obbligano tutti a guardarsi dentro e provare a capire se stiamo tentando di fare qualcosa di concreto affinché non succeda di nuovo. Lo dobbiamo a Federico”.