Ferrara, 17 ottobre 2013 - DA 32 anni Erik sta lottando per ridare giustizia a sua madre, violentata ancora ragazzina da quel prete, amico di famiglia, che lui mai chiamerà papà. Da quello stupro, squallido quanto terribile, nacque Erik Zattoni che oggi decide di rendere nota la sua storia per mandare un chiaro segnale alla Santa Sede e soprattutto a Papa Francesco: "Chiedo — dice commosso — di essere di parola e di dimostrare che sta effettuando un vero cambiamento in Vaticano".

È un ragazzo fiero, Erik, con una forza interiore enorme. Occhi scuri, fidanzato con l’inseparabile Eleonora che due anni fa gli ha donato una splendida bimba. Ciò che porta dentro di sè, tutto documentato con atti e sentenze, è difficile da raccontare per scrive. Una vicenda amarissima, con la Chiesa che per anni ha tentato di nasconderla o minimizzarla.

Cornacervina, settembre 1980. Quella che diventerà la madre di Erik ha appena 14 anni, in famiglia sono in 15. Brava gente vicini alla chiesa e in particolare a Don Pietro, parroco della comunità. "Un pomeriggio — comincia Erik — lui la invitò a casa e la violentò. La mia famiglia si fidava ciecamente di lui, ci aveva dato una casa". Ma quel pomeriggio cambierà per sempre la vita della donna costretta dal religioso a non dire nulla, pena lo sfratto. I mesi passano. Febbraio 1981: la minorenne si sente male, in ospedale le diranno che è incinta. Messa alle corde, confessa la violenza subita. Lo choc è enorme. Il fratello Enzo, all’epoca in seminario per diventare sacerdote, cosa che poi ha abbandonato, si presenta dai vescovi di allora, prima Filippo Franceschi poi Luigi Maverna. Più volte affronta don Pietro il quale si discolpa: Io? Non ho fatto proprio nulla.

"Mio zio — riprende Erik — fece di tutto per far emergere la verità ma invano. La Curia si chiuse a riccio, non volevano incolpare il parroco. Mamma venne messa in croce, le diedero della bugiarda e ci fu chi insinuò che a violentarla fosse uno della famiglia". Da Roma arriva un legale del Vaticano per mettere fine alla vicenda: "Chiesero a mio zio di firmare un foglio dove noi smettevamo con quella storia e loro ci lasciavano la casa". Enzo rifiuta, pochi giorni dopo arriva lo sfratto. Nel 1986 16 persone si trovano senza casa, "a mia madre non credeva nessuno e la Chiesa minacciava controquerele".

Intanto Erik cresce, per sei anni vivrà a 100 metri da Don Pietro, suo padre, che addirittura lo battezzerà. "Non ebbe mai pietà verso me e mia madre. Trovammo una casa a Valcesura, mamma lavorò come una matta per crescermi". Si arriva al 2008, la donna racconta la verità al figlio il quale si presenta da don Pietro. "Mi rispose stizzito: chissà chi è stato della tua famiglia a violentarla e non farò mai il Dna". Erik non si ferma, il caso finisce in tribunale che costringe il religioso a sottoporsi all’esame. Positivo: don Pietro è suo padre. "Con i risultati — continua il ragazzo — tornai da lui. Choccato, mi disse: è stato un errore, una follia, ho pianto con il mio vescovo, ho chiesto perdono a Dio".

Il tribunale, dopo aver riconosciuto la paternità, a settembre 2011 condanna il sacerdote a pagare le spese processuali, circa 10mila euro al figlio. "Con quell’atto andai in Curia e chiesi perché doveva continuare a fare il prete dopo aver violentato una minorenne. Risposta: è anziano, non si può nulla". Nonostante la sentenza, Don Pietro rimase parroco di Cornacervina per un altro anno battezzando e facendo catechismo. Solo a ottobre 2012 venne rimosso e ‘mandato in pensione’ in una casa di riposo del copparese. Mantenendo il suo status di chierico. "Il reato — riprende Erik —, spiegarono dal Vaticano, è caduto in prescrizione. Don Pietro è prete, dissero, e morirà prete".

19 aprile di quest’anno, la Santa Sede scrive al vescovo Luigi Negri e lo invita ad "ammonire formalmente il chierico" e a "sollecitarlo, nei limiti del possibile, ad assumersi, sia pur tardivamente, le proprie responsabilità di padre nei confronti di Zattoni, quantomeno sotto l’aspetto affettivo e morale".

Per il Vaticano il caso è chiuso. Ma Erik, che non vuole soldi, pretende giustizia. "Per anni mamma si è chiusa in casa, non ha avuto il coraggio di avvicinarsi a un uomo; don Pietro l’ha uccisa dentro, l’ha privata di una vita normale. Si deve solo vergognare e non chiedere perdono a Dio ma agli uomini". Infine, rivolto al Papa: "Faccia davvero qualcosa per gli orrori che ha commesso quell’uomo e lo riduca allo stato laico".

di Nicola Bianchi

 

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