Ferrara, 18 ottobre 2013 - La vicenda di Erik Zattoni è tremenda e invoca giustizia, senza scorciatoie o cavilli. Il pensiero di quello che hanno patito per anni lui e la madre - il dolore, l’umiliazione, la vergogna - fa star male chi crede e chi non crede. E getta un’ombra oscura sull’autore di una tale, inaudita violenza.

Ma prendersela con l’arcivescovo Negri - come molti stanno facendo sul web, magari attaccandosi alla ben più live polemica sulla movida - non ha alcun senso. E’ vero che l’altra sera, in Tv con le Iene, non ne è uscito benissimo. E forse avrebbe fatto meglio ad adottare il prudente silenzio usato con le stesse Iene dell’allora cardinale Bergoglio.

Ma le colpe sono di chi, prima di lui, ha sottovalutato la vicenda limitandosi a dare un buffetto al prete violentatore — perché di questo pare si tratti — e a rinchiudere la pratica nel cassetto della vergogna. Sto parlando ad esempio della Congregazione per la Dottrina della Fede - che «giudica i delitti contro la fede e i delitti più gravi commessi contro i costumi o nella celebrazione dei sacramenti» - e dei vescovi che hanno preceduto Negri (ben tre, Franceschi, Maverna e Rabitti) che evidentemente hanno ritenuto di non intervenire - o di non sollevare il caso in Vaticano - con più convinzione.


C’è poi un altro aspetto da sapere: quando Negri dice che «nemmeno lo stupro può essere causa di riduzione allo stato laicale» dice una cosa che ci disturba e indigna. Ma dice la verità. E anche in questo caso c’è poco da prendersela con lui. Bisognerebbe prendersela con il Codice di diritto canonico o con la Costituzione Apostolica Pastor Bonus promulgata da papa Giovanni Paolo II, che regola i casi di «dimissione dallo stato clericale». Una procedura complessa, che prevede l’apertura di una pratica, indagini, valutazioni e ponderazioni a non finire.

Quello che mi chiedo è cosa ci sia di più grave di uno stupro operato ai danni di una povera ragazzina minorenne! Non è forse un caso rientrante nei cosiddetti «delicta graviora» (i delitti più gravi) di competenza della Congregazione per la dottrina della fede, come la profanazione dell’eucaristia o l’attentato al Pontefice? Qui, nella sottovalutazione del caso, fu commesso l’errore. Potrà papa Francesco intervenire? Spero di sì. Ma in questo caso una telefonata non basterà a restituire a Erik e alla madre la serenità e l’innocenza perdute.
 

Cristiano Bendin