Ferrara, 27 marzo 2014 - Una carta d’identità fasulla, con il nome del fratello Valerio. Una foto sbiadita, di lui, Stefano, rasato e con un mezzo sorriso stampato. Sul pullman degli insospettabili, sull’autostrada A10 a Ventimiglia, stava seduto da solo, quasi in disparte. Rieccolo Stefano Melloni, 60 anni, in fuga dall’Italia e dalla nostra giustizia dal 1993, condannato in via definitiva per bancarotta fraudolenta e truffa a 10 anni di carcere (ridotti a 7 grazie all’indulto) per il crac finanziario della Patrimonium Cofeur e dal 2008 al centro di un caso giudiziario davanti alla Corte europea.

Dall’altra sera l’ex manager di Cento, scomparso lasciando un buco da 103 miliardi di vecchie lire e 1840 risparmiatori in braghe di tela, si trova rinchiuso nel carcere di Sanremo, catturato dagli uomini della Polizia di frontiera, diretti dal vice questore aggiunto Pier Paolo Fanzone, i quali hanno dato seguito ad un mandato di arresto europeo che pendeva sul suo capo dal 2008. Già, sei anni fa (era il 31 luglio) quando la polizia spagnola e i carabinieri di Cento lo arrestarono ad Antequera, 50 chilometri da Malaga, per estradarlo e fargli scontare i conti con la giustizia italiana. In cella vi durò 40 giorni poi, grazie alla bravura dei suoi legali e alla lentezza dei tribunali spagnoli, tornò in libertà con il sol obbligo di firma.

Ad Antequera l’ex super manager amato e ammirato tra le vie centesi, aveva cambiato nome in Antonio Tonino Marulla, e gestiva il vippissimo ristorante Lucullo. In un recente video su youtube, a distanza di 20 anni, compariva con un fisico asciutto, occhialini fashion, mostrando un accento spagnolo misto ferrarese. Da allora di lui si è saputo poco o nulla. L’ultima novità è arrivata a febbraio 2013 quando la Corte europea di giustizia del Lussemburgo ha deciso l’assoluta validità del mandato d’arresto europeo emesso dalla procura di Ferrara, al quale lui si era opposto sostenendo di esser vittima di un ingiusto processo. Il pullman su cui viaggiava la scorsa notte, uno di quelli che la Polizia di frontiera controlla a campione, era carico di persone che facevano rientro in patria.

«Solitamente - spiegano gli inquirenti - viene scelto da chi vuole evitare di farsi vedere più di tanto». Mai, confidano gli stessi, su quei mezzi la polizia si è imbattuta in personaggi del calibro di Melloni. Apparso quasi dimesso, fin da subito collaborativo, una scoperta la reale identità. Ignota al momento la sua destinazione. Ora Melloni è in Italia dove dovrà scontare i suoi 7 anni, senza più dover attendere le pronunce di altri stati.

Nicola Bianchi