Ferrara, 13 aprile 2014 - Roberto Pazzi, il 16 aprile esce il nuovo romanzo: La trasparenza del buio, edito da Bompiani. Cominciamo dal titolo?
«Ne La trasparenza del buio si dissolve l’oscurità del senso di colpa grazie alla scrittura di un libro che il protagonista sognava, senza mai trovare la forza di scrivere. Il conseguente mutamento dello sguardo dona l’illimpidimento interiore: ‘tendono alla chiarità le cose oscure’. Il tema dello sguardo, già nella metafora degli occhiali d’oro di Bassani, torna nel mio libro arricchito dalla ‘trasparenza’, squarciato il buio dell’intolleranza e del pregiudizio, che negano dignità ad ogni espressione di amore non indirizzata alla esclusiva procreazione».

‘Gli occhiali d’oro’, l’intolleranza, il pregiudizio. Dunque si parla di un amore omosessuale?
«Sì. E la scelta di un amore ‘diverso’ si lega a due ragioni, una di continuità ferrarese col filone narrativo aperto da Bassani appunto ne Gli occhiali d’oro, il racconto ispirato da una doppia diversità, quella ebraica e quella omosessuale. La nostra città, con la sua componente ebraica così integrata, da quando Ercole I d’Este la accolse a Ferrara, nel 1492, in fuga dalla Spagna, ha nel dna una certa attenzione alle diverse forme di discriminazione. C’è poi un’altra motivazione, di natura etica, nata dall’esigenza di rendere anche testimonianza civile. E quindi di sostenere l’iniziativa legislativa, sempre rinviata dal Parlamento, prono alle ingerenze e pressioni vaticane, di porre le unioni civili dello stesso sesso sullo identico piano giuridico delle altre. Come di recente ha deciso di fare l’Inghilterra, dopo la Francia e la Spagna».

Un tema attuale e al tempo stesso antico.
«Il tema è antico come la Letteratura, e tocca le punte espressive più alte, dalle pagine dell’Iliade su Achille e Patroclo, a quelle dell’Eneide su Eurialo e Niso, dalla lirica di Saffo, di alcuni dei più famosi lirici greci, dei 40 sonetti d’amore di Shakespeare, dei versi di Rimbaud, Kavafis, Penna, Pasolini, Auden, fino alla narrativa di Gide, Proust, Thomas Mann, Virginia Woolf, al romanzo Ernesto di Saba, a L’isola di Arturo della Morante, a Memorie di Adriano della Yourcenar, ai romanzi di Tondelli, Patroni Griffi, Bellezza, Busi, Siti».

Che impatto pensa possa avere tornare sull’argomento?
«La mia convinzione più profonda è che la vera letteratura possa toccare qualsiasi argomento e saperlo elevare a condizione universale col tocco magico della Poesia. Non c’è nulla che non possa essere narrato, di ciò che è umano. Bisogna vedere come sia trattato, con che mano sia stato scritto. Pensando ai poeti ‘maledetti’ francesi, a Poe, a Flaubert, a Dostoevskij, al Manzoni della monaca di Monza, starei per dire che il cosiddetto ‘male’ sia suscettibile di esiti toccanti e poetici più del ‘bene’ di conio corrente. In realtà la Letteratura e l’Arte, affrancate da verità rivelate, sono il luogo dello spirito che Kant nella Critica del giudizio elevava a simbolo della libertà».

Isabella Cattania