Covid, un video per raccontare la malattia. Ma è assalita dagli 'haters'

La ferrarese Clotilde Armellini, ricoverata ad Alessandria: "Volevo solo far vedere che il virus esiste ma ho ricevuto minacce e auguri di morte"

Clotilde Armellini, 37 anni, all’ospedale di Alessandria con il casco a ossigeno

Clotilde Armellini, 37 anni, all’ospedale di Alessandria con il casco a ossigeno

Ferrara, 31 ottobre 2020 - "Ho fame d’aria, ho fame dell’abbraccio dei miei figli. E ho fame, lo confesso, di una ‘ricciolina’, che qui non sanno neppure cosa sia". Clotilde Armellini scrive dal reparto di Pneumologia di Alessandria, dove è ricoverata dal 19 ottobre, costretta a indossare un casco a ossigeno, che le viene tolto solo per consentirle di mangiare. Ferrarese doc (il padre Ferruccio è poliziotto in pensione, la mamma casalinga, la sorella titolare di un’autoscuola), nei giorni scorsi, dal letto d’ospedale, ha pubblicato un video di grande impatto emotivo. Si vedono i sanitari che le fanno indossare il respiratore, e il suo volto provato dalla malattia. Ma per quanta emozione ha suscitato, quel videomessaggio, crudo e senza retorica, ha innescato anche l’odio di ‘negazionisti’ e persone malvage: "Mi hanno scritto che sarei stata pagata per girare il video, e che sarei persino una cantante in cerca di notorietà per andare a Sanremo".

Nella realtà, Clotilde è assistente di Polizia Penitenziaria, dopo aver lasciato Ferrara ("Quanto mi manca la mia città!", confessa via whattsapp) per prestare servizio nella Marina Militare. Una donna forte, confermano le amiche che si tengono costantemente in contatto; ma contro il Covid, la forza non basta. "Ho sempre lavorato e mi ero adeguatamente protetta, ve lo posso giurare – racconta –, non ho mai scherzato sulla mia salute nè su quella degli altri. Ho fatto tutto quello che mi hanno ordinato eppure non è bastato, questo maledetto virus è subdolo e ti prende anche se hai la guardia alta".

E’ bastato accompagnare in auto un collega, risultato positivo, per ritrovarsi contagiata e, pochi giorni dopo, su un letto d’ospedale. Oltre a prendere lei, costretta da giorni a indossare quella che chiama "una boccia per i pesci", e in attesa di infusioni di plasma, il Covid ha colpito anche il marito e i due figlioletti, di 4 e 5 anni, che ora per protocollo non possono essere affidati ai nonni "e rischiano di finire, se mio marito sarà ricoverato, in una casa famiglia – dietro il plexiglas scorrono le lacrime –: eppure mi sono sentita definire un’attrice, ingaggiata per spaventare la gente. La verità è che sono io quella spaventata!".

L’unica recita è quella serale, durante la videochiamata con Virginia e Tommaso: "Con loro ho tentato di scherzare, dicendo che sono un Minions, ma loro non l’hanno trovato divertente". Nessuna recita, dunque, e semmai fosse un film i super eroi, per Clotilde, resterebbero "medici e infermieri che lavorano in modo estenuante". Ma fanno male, più degli aghi che ormai faticano a trovare le vene, le parole degli ‘haters’ che si sono scagliati contro di lei sul web, arrivando sino al punto di minacciarla e augurarle la morte: "La frase più gentile è stata di chi ha detto che ‘non si usa un cellulare in rianimazione’. Tanti invece hanno scritto di peggio, facendomi sentire persino in colpa verso la mia famiglia. Ho paura di aver ferito in qualche modo i miei cari, ed è l’ultima cosa che vorrei al mondo. Sei sicuro – ora è Clotilde che intervista il giornalista – che ho fatto bene a mettere quel video?". Rassicurata dal sincero giuramento, la ragazza prosegue: "Io ho voluto solo raccontare una storia ora purtroppo comune a mille altre, e cercare di far capire che il Covid esiste e non è un complotto dei potenti. Se la mia esperienza potrà evitare questa sofferenza anche a una sola persona sarò felice, almeno sara servita a qualcosa".

Anche a sopportare l’ondata di livore che le si è rovesciata addosso. Non sono mancate però altrettante manifestazioni di solidarietà e di affetto. "Mi ha chiamato anche il ministro della Difesa Bonafede, e temo di aver fatto una figura terribile – ora lo schermo del casco si appanna per un sorriso –: provava a telefonare ma io mettevo giù, non potevo parlare e non riconoscevo il numero. A un certo punto, scusandomi, gli ho scritto ‘chi sei?’, e a quel punto mi è arrivato il suo messaggio".