Eutanasia, i dati choc ferraresi

Exit Italia: «Sessanta iscritti all’associazione, quattro sono già andati in Svizzera, una donna sta per partire»

L’eutanasia è vietata in Italia, praticata appena oltreconfine

L’eutanasia è vietata in Italia, praticata appena oltreconfine

Ferrara, 17 ottobre 2016 - Il termine deriva dal greco antico. Letteralmente è la ‘buona morte’, ma ai giorni nostri è più comune l’espressione ‘dolce morte’. Stiamo parlando dell’eutanasia. Vietata in Italia ma praticata appena oltreconfine. Soprattutto in Svizzera, a soli 70 chilometri da Milano. Ed ‘Exit Italia’ è il maggior interlocutore nel nostro Paese per chi vuole espatriare per mettere fine alla propria esistenza. L’associazione conta vent’anni di attività e oltre 3mila 800 soci, quasi 400 dall’Emilia Romagna. «Riceviamo ogni settimana novanta di telefonate da tutta la Penisola, un numero in crescita vertiginosa negli ultimi tempi: è davvero urgente una legge che la permetta anche in Italia, un Paese che obbliga ancora oggi a morire in esilio. Indro Montanelli diceva che ‘se abbiamo un diritto alla vita, abbiamo anche un diritto alla morte’. Anche la stragrande maggioranza dei cittadini la pensa così, ma la politica li ignora», esordisce il fondatore e presidente Emilio Coveri.

«Una sessantina di iscritti risiede sul territorio ferrarese - rivela -. L’età va dai 45 ai 70 anni, persone normali che si incontrano in piazza: professionisti ma anche gente del popolo. Quattro di loro sono già andati e non hanno più fatto ritorno». Una donna «colpita da Sla» è «in procinto di partire nei prossimi giorni. Altri stanno valutando di intraprendere prossimamente l’ultimo viaggio. Tantissimi sono poi quelli che chiedono informazioni per depositare il testamento biologico». Exit-Italia è ‘in contatto’ con quattro associazioni svizzere: la Lifecircle-eternal spirit di Basilea, la Ex international di Berna, la Dignitas di Forch (Zurigo) ed Exit Svizzera italiana del Canton Ticino. «Noi non possiamo aiutare concretamente nessuno se non informando - mette in chiaro Coveri -. Gli articoli 579 e 580 del codice penale (omicidio del consenziente, agevolazione e istigazione al suicidio) ci impediscono un’azione diretta. Per fortuna in Italia informare non è ancora reato. E allora noi spieghiamo nel dettaglio cosa si può fare nel caso disperato di una grave malattia irreversibile, accertata clinicamente da cartelle cliniche e senza più possibilità di guarigione». Per diventare soci di Exit Italia si spendono 50 euro per la tessera e 25 euro annuali per la quota sociale. Attivare la procedura di suicidio assistito costa invece 9.500 euro comprensivi di cremazione, trasporto della salma, visite mediche, medicina letale, farmacia, medico legale, gendarmeria e naturalmente agenzia funebre. Nel caso che una persona abbia necessità di essere trasportata dall’Italia e avere l’assistenza necessaria, l’associazione svizzera «provvederà a un servizio di ambulanza o vettura apposita. Ma questo è un costo aggiuntivo». L’iter per arrivare all’eutanasia è giustamente complesso. Il paziente deve inviare le cartelle cliniche e le dichiarazioni mediche sul suo stato. La richiesta viene poi valutata «da una commissione medica svizzera». Nel caso la richiesta venisse accettata, i medici per obbligo di legge «devono cercare di dissuadere dalla scelta di voler finire la propria vita». Se il malato terminale sceglie di andare avanti, il medico presenta in farmacia una propria richiesta per ottenere il farmaco letale. «Il suicidio assistito è un intervento ambulatoriale - sottolinea Coveri -. Al paziente vengono somministrate due pastiglie di antiemetico dieci minuti prima della pozione letale (pentobarbital di sodio) versata in un bicchiere d’acqua. Entro tre minuti arriva un sonno profondo, non si percepisce più nulla e in 5 minuti avviene l’arresto cardiaco. Nessuna sofferenza. La morte che tutti noi desideriamo: dolce e senza alcuna sofferenza». I malati possono essere accompagnati nell’ultimo viaggio dai familiari. Ma chi va «deve fare attenzione: non ci deve essere un parente che possa successivamente presentare un esposto alla procura. Si rischia una condanna fino a 12 anni di galera». Al momento è possibile chiedere il suicidio assistito solo nei casi in cui si soffra «di una grave malattia incurabile, irreversibile e senza più possibilità di guarigione. Oppure causa di gravissime sofferenze fisiche o psichiche». Ma in Olanda è stata presentata nei giorni scorsi una proposta di legge che punta ad ammettere il suicidio assistito anche per coloro che non sono malati terminali. Il presidente di ‘Exit Italia’ ritiene sia «un passo positivo. È capitato molto spesso che persone affette dal cosiddetto ‘mal di vivere’ mi chiedessero informazioni per andare in Svizzera. Si tratta soprattutto di anziani, magari non affetti da gravi malattie ma che ritengono la loro vita conclusa. E vorrebbero terminarla dignitosamente. Ma al momento non è possibile. In Svizzera non è accettata questa patologia». Lo stesso riguarda i malati psichici: «Ne abbiamo molti. Dieci in Emilia Romagna, cinque a Ferrara. Stanno malissimo, ma il percorso per arrivare al suicidio assistito è davvero molto lungo». L’associazione è stata contattata anche «da genitori disperati di due minori che versavano in condizioni drammatiche. Ma per loro non abbiamo potuto fare nulla».

Luca Soliani