Ferrara, 25 febbraio 2018 - La scena sembra quella iniziale di ‘C’era una volta il West’. Il regista però non è Sergio Leone ma il male che ha un nome, Norbert, e un cognome, Feher. Il male è quello che ha ucciso il barista di Budrio Davide Fabbri e la guardia volontaria di Portomaggiore Valerio Verri. Il male è quello che ha lasciato una scia di sangue in Spagna, prima di essere catturato dopo una fuga quella, sì, da film.
Due mattine fa, nei dintorno di Albalate, dove il 4 dicembre Feher ha sparato e ferito il pensionato a cui aveva occupato la casa e il fabbro che aveva portato l’anziano aveva portato con sé, la Guardia Civil ha messo il naso in un rudere segnalato da un uomo del posto. L’uomo è uno di quei tipi che sono un po’ pastori e un po’ esploratori ma che conoscono anche il nome degli arbusti e dei sassi lungo i sentieri della desolazione. Era uno dei rifugi del bandito durante la latitanza.
La pista che porta al casale abbandonato è calda perché - come trapela da fonti investigative spagnole - la geografia criminale del serbo non può non essere puntellata di appoggi. E questa non è una novità. Appoggi come spettri che avrebbero aiutato il killer nella sua fuga.
Igor, le tracce del Dna arrivano in Germania / FOTO e VIDEO
«La nostra associazione ‘Amici di Davide Fabbri’ – commenta il presidente Augusto Morena – e i nostri amici, ormai fratelli, che si occupano di tenere viva la memoria dell’agricoltore ucciso dal killer in Spagna, abbiamo un solo obiettivo: evitare che il silenzio metta fine a una storia che non è finita». L’ultima pagina, per i due sodalizi, è la verità ultima. «Vogliamo sapere chi sono i complici della fuga – dice Morena – ed è per questo che abbiamo intitolato la nostra serata, il 28 aprile a Budrio, ‘No al silenzio’». Perché il silenzio è una seconda forma di morte per chi cerca di mettere assieme i tasselli del mosaico chiamato verità giudiziaria.
I detective spagnoli sono entrati nel casolare e hanno raccolto, come archeologi, i pezzi lasciati e le tracce segnate dal fuggiasco. Un pacchetto di caramelle, un transistor – come se avesse trovato il modo per comunicare, ma con chi? - e tracce ematiche. Nel casale cadente di Albalate - a una decina di minuti di auto da quello cheil Carlino ha mostrato pochi giorni fa - i poliziotti spagnoli hanno tirato su guanti in lattice, bottiglie di whisky, pacchetti di arachidi, diverse batterie e anche una macchina fotografica. La Guardia civil ha trovato anche un sacco nero, sepolto sotto un quadrato di piastrelle mosse. Gli oggetti ‘parlano’ e il cerchio si stringe attorno alle conoscenze del serbo.