Islam radicale, detenuti sospetti all'Arginone

Alcuni carcerati di origine araba sono costantemente controllati. L’appello dei sindacati: "Corsi di arabo per gli agenti"

Musulmani in preghiera (foto archivio Ansa)

Musulmani in preghiera (foto archivio Ansa)

Ferrara, 18 gennaio 2017 - La via per il califfato islamico passa sempre più spesso per le carceri. È infatti dietro alle sbarre dei nostri penitenziari che, secondo molti analisti, l’ideologia del terrore si trasmette con maggiore facilità. Al punto da rendere necessari controlli ad hoc sui detenuti che manifestano i primi segni di radicalizzazione. L’allarme, arrivato dal primo ministro Paolo Gentiloni («Il pericolo viene dalle carceri») e ribadito dai sindacati di polizia penitenziaria, riguarda tutti. Ferrara compresa.

Anche all’Arginone infatti ci sarebbero alcuni detenuti sotto controllo per alcuni loro comportamenti ‘sospetti’. Si tratterebbe di poche unità, tutte di origine araba. Soggetti che negli ultimi tempi, per varie ragioni, sono stati sottoposti a un monitoraggio speciale ad opera del Nic (Nucleo Investigativo Centrale della polizia penitenziaria). Il controllo sul possibile avvicinamento alla galassia jihadista dei detenuti, avviene in due modi. O su segnalazione del Nic, il quale informa le autorità che un determinato carcere sta ospitando un soggetto a rischio. Oppure attraverso gli occhi e il fiuto degli stessi agenti penitenziari.

I poliziotti che lavorano nelle case circondariali devono ormai essere in grado di riconoscere al primo sguardo i segnali di avvicinamento all’Islam radicale. Mutamenti che si manifestano sia nell’aspetto fisico che nel comportamento. Frasi dette a mezza bocca con connazionali o frizioni nei rapporti con i carcerati di altre nazionalità. I primi ‘sintomi’ sono quelli esteriori. La barba viene lasciata crescere, ma senza baffi. Ai vestiti occidentali si sostituisce l’abito lungo, tipico della cultura islamica.

Segni che, sia chiaro, potrebbero significare soltanto un avvicinamento alla lettura più tradizionalista della religione ma che comunque non vanno sottovalutati. Ci sono poi i campanelli d’allarme ‘sociali’. Detenuti che smettono all’improvviso di guardare la televisione o che esultano per gli attentati firmati dall’Isis. Oppure che smettono di avere rapporti con carcerati di altre fedi e si chiudono a riccio insieme ai loro connazionali. Insomma, un ginepraio nel quale i poliziotti devono sapersi destreggiare e cogliere al volo ogni mutamento. Cosa di per sé non facile se si pensa che all’Arginone su quasi 330 detenuti, un centinaio sono musulmani. Altro aspetto da tenere d’occhio sono gli insegnamenti dell’imam. I detenuti di fede islamica, si riuniscono tutti i venerdì in una sala in cui possono pregare insieme. A guidarli, un altro recluso, che svolge la funzione di imam. Sui suoi insegnamenti, visto l’elevato rischio proselitismo, il livello di attenzione non può che essere massimo.