Ferrara, spacciatori in manette, quasi tutti subito liberi 'per legge'

Una trentina gli arresti effettuati negli ultimi mesi, ma soltanto il 5% rimane in cella

Controlli di polizia in zona Gad (repertorio Businesspress)

Controlli di polizia in zona Gad (repertorio Businesspress)

Ferrara, 1 giugno 2017 - Le forze dell’ordine li catturano e la legge li rimette in libertà. Un adagio al quale ormai, purtroppo, ci stiamo abituando. Stiamo parlando dei piccoli pusher, per i quali la nuova normativa sullo spaccio (salvo ovviamente aggravanti specifiche o cumuli di pena) non prevede il carcere. Gli episodi si accavallano e sono sotto gli occhi di tutti. E fanno arrabbiare chi gli spacciatori ce li ha sotto casa, inossidabili e inamovibili. L’ultimo episodio è avvenuto lo scorso weekend. Un nigeriano, durante un controllo, ha ingerito alcuni ovuli. Il sospetto è che contenessero droga. Gli agenti della polizia di Stato lo hanno così accompagnato in ospedale dove lo hanno piantonato fino a quando non li ha espulsi. Avuto la conferma che si trattasse proprio di droga (cocaina in particolare) i poliziotti lo hanno denunciato. Questo però, ha dato in escandescenza, aggredendo gli operatori. A quel punto, dopo averlo riportato alla calma, lo hanno arrestato. Ma solo per vederlo tornare in libertà quasi subito. Libero di riprendere la sua posizione di spaccio, nonostante tutto.

Le manette ai polsi le tengono poco. La cella poi, molte volte, nemmeno la vedono. Liberi per legge, pronti a ritornare a spacciare nel giro di una manciata di ore. Magari mentre gli operatori delle forze dell’ordine stanno ancora finendo di riempire le scartoffie relative alla loro cattura. La lotta allo spaccio sta assumendo sempre più le sembianze di una tela di Penelope. Quello che le forze di polizia e i magistrati costruiscono, le normative e le sentenze disfano, in un eterno ritorno dell’uguale le cui vittime finali sono i residenti dei quartieri più ‘caldi’. Non è colpa di poliziotti e carabinieri, che ogni giorno ci mettono faccia e sudore nell’intercettare e arrestare quanti più pusher possibile. Non è colpa dei pubblici ministeri, che combattono la piaga con le armi che hanno a disposizione, e comunque senza potersi esimere dall’applicare la legge. A volte poco comprensibile, ma pur sempre legge.

Andando a spulciare i numeri della battaglia contro quello che il questore Antonio Sbordone a suo tempo definì il «fiume di droga» che invade la città, è possibile inquadrare la portata del problema. In un anno (maggio 2016/maggio 2017), solo la polizia di Stato ha arrestato per droga 24 persone (più altre 4 in periodi immediatamente precedenti) e ne ha denunciate 13. Per quanto riguarda i sequestri, gli uomini della questura hanno messo i sigilli a circa sette chili di marijuana, a due chili di hashish, a tre etti di cocaina e a una ventina di grammi di eroina. Oltre 800 invece le piantine di marijuana recuperate. Risultati importanti, che si inseriscono nella strategia finalizzata a togliere la materia prima dalle mani degli spacciatori. Una sorta di ‘piano B’, per colpire i pusher che troppo spesso rimangono impuniti o quasi. Già, perché la nota dolente sta proprio qui. Secondo chi sulle strade ci lavora ogni giorno, non più del 5% di tutti gli arrestati finisce in carcere, anche solo in attesa del processo per direttissima.

Questo perché, sulla base della normativa sul piccolo spaccio, per i pusher – salvo aggravanti specifiche – non è previsto il carcere. A meno che sul ‘groppone’ dell’indagato non si sommino reati che portino la pena al di sopra della soglia di tre anni e mezzo. In quel caso, si aprono le porte dell’Arginone. In caso contrario, liberi tutti. «A volte – spiega un operatore di polizia di lunga esperienza – ci tocca pure portarli a casa». Il risultato è quello che ormai è sotto gli occhi di tutti. Soprattutto dei residenti delle principali piazze di spaccio della città, dal Gad a via Baluardi, solo per citare le più ‘vivaci’. Gli stessi volti che spariscono per qualche ora per poi ricomparire al solito posto, come se nulla fosse. Un trend del quale i diretti interessati purtroppo sono ben consapevoli e che sfruttano a loro favore. E che spesso rende ‘invisibili’ gli sforzi di polizia e carabinieri, spesso frustrati dai lacci e laccioli della legge. «È come se un muratore venisse pagato per costruire una casa che ogni sera viene demolita – osserva un operatore delle forze dell’ordine, da anni in prima linea in questa battaglia –. Facciamo tanta fatica senza mai poter vedere il risultato dei nostri sforzi».