Degrado e abbandono alla tomba di Biagio Rossetti / VIDEO

La denuncia di Flavia Franceschini, sorella del ministro della Cultura per il tempio di via Camposabbionario dove è sepolto l’urbanista degli Estensi

La chiesa di Sant'Andrea in via Campsabbiano

La chiesa di Sant'Andrea in via Campsabbiano

Ferrara, 21 agosto 2016 – «Non ho nulla contro la crescita spontanea delle piante, ma questa è vegetazione nata dall’indifferenza. Sembra quasi che in città, a nessuno importi di Biagio Rossetti, l’urbanista che l’ha resa moderna».

Sbotta subito, Flavia Franceschini, scultrice e sorella del ministro della Cultura, sottolineando quello che ora si trova se si passa per via Camposabbionario: un vasto insieme di piante ed arbusti, cresciute spontaneamente vicino alla scuola Dante Alighieri e a quel che rimane della chiesa di Sant’Andrea. Niente di grave, se non fosse che in quel preciso luogo fu sepolto Biagio Rossetti, l’artefice di quello che quotidianamente vediamo passeggiando per la Ferrara rinascimentale. Ancora più deplorevole, perché quest’anno per l’urbanista degli Estensi ricorre il cinquecentenario dalla morte.

Non è la prima volta che la scultrice ferrarese pubblica sulla sua pagina Facebook alcune situazioni che non le piacciono di Ferrara. Lo fa non per criticare, ma per cercare di smuovere la sensibilità dei concittadini.

«Ho fatto un breve video col cellulare – commenta Flavia Franceschini –, e l’ho chiamato ‘Il bosco di Biagio...’. Ho ripreso questa foresta, che negli anni è cresciuta vicino all’abbandonata chiesa di Sant’Andrea e l’ho postato su Facebook, perché mi sembra assurdo che al genio dell’architettura e dell’urbanistica che ha reso unica Ferrara, la città risponda con un bosco incolto, dov’è la sua dimenticata e bistrattata tomba».

Sul ricordo di Biagio Rossetti, era già intervenuto anche il padre di Flavia, Giorgio Franceschini.

«Quando era presidente della Ferrariae Decus, nel 1992, mio papà aveva pensato di ricordare il luogo in cui era sepolto Biagio Rossetti con un cippo commemorativo, messo al posto di una colonna che non esiste più sulla sinistra guardando l’abside, ovvero poco dopo quello che doveva essere l’ingresso – spiega Flavia Franceschini –. Mi accorsi solo intorno all’inizio degli anni Duemila, quando le mie figlie andavano alla Dante Alighieri, che era sparito. Lo aveva fatto togliere il preside, perché intralciava il parcheggio delle macchine».

A distanza di anni, nulla è cambiato, semmai è peggiorato.

«Siamo a una irriconoscenza senza pari – aggiunge amareggiata Franceschini –, non solo nei confronti di Biagio Rossetti, che sembra essere ricordato solo da Carlo Bassi, ovvero un architetto novantatreenne che sta a Milano, ma anche rispetto a una chiesa che è un capolavoro, in cui aveva lavorato anche Piero della Francesca è che ora è un rudere».

E conclude. «Chissà se, a 500 anni dalla sepoltura, possa cambiare qualcosa. Ci vorrebbe più rispetto per una figura che ha reso moderna non solo la nostra città, ma che fu esempio per tutta l’Europa».