Igor, carabiniere anonimo ai Verri: "Schifato ed esterrefatto"

La riflessione: "Io in emergenza non ho mai chiesto permessi"

Francesca ed Emanuele Verri

Francesca ed Emanuele Verri

Ferrara, 12 agosto 2017 - «Apprendo solo dai giornali come sono andate veramente le cose. Sono esterrefatto e un po’ schifato». A firmare questo messaggio, arrivato nelle scorse ore a Francesca Verri, figlia di Valerio, il volontario di Legambiente ucciso nel Mezzano da Norbert Feher, alias Igor il Russo, è un carabiniere. La donna, per ovvie ragioni, mantiene il più rigoroso anonimato sull’identità del militare, ma pubblica sul proprio profilo Facebook il testo integrale del messaggio.

L’oggetto del ragionamento è la clamorosa fuga di Igor la sera dell’8 aprile quando, fermato da tre carabinieri in via Spina, a Molinella, riuscì a darsela a gambe nonostante si trovasse a pochi metri dagli uomini dell’Arma. Una relazione di servizio pubblicata nei giorni scorsi, spiega nei dettagli come siano andate le cose. Secondo i carabinieri coinvolti, quella sera non ci sarebbero state le condizioni di sicurezza per sparare. Una ricostruzione che era in parte trapelata, ma mai prima di oggi con dovizia di dettagli e scritta nero su bianco in un atto giudiziario.

«Apprendo come te solo dai giornali come sono andate veramente le cose... sapevo qualcosa ma non così nei particolari – scrive Francesca Verri sul social, citando il messaggio ricevuto dal carabiniere –. Sono esterrefatto è un po’ schifato anche io. È facile giudicare a distanza su situazioni che non si è vissuto in prima persona, però io, nella mia carriera da carabiniere, in situazioni di emergenza non ho mai chiesto autorizzazioni o permessi a nessuno su come comportarmi. Un abbraccio».

image
image

Conclusa la citazione, prende la parola la figlia dell’ultima vittima di Igor. «L’autore di questo messaggio che ho ricevuto oggi (ieri, ndr) resterà anonimo a qualsiasi costo. Volevo solo dire pubblicamente che gli voglio bene, come voglio bene a tutti coloro che operano sul campo. Grazie...».

Parole dure, che testimoniano l’incredulità di molti (anche addetti ai lavori) nell’apprendere l’epilogo di quanto accaduto quella notte nelle campagne tra la Bassa bolognese e l’Argentano. Nel frattempo, il fascicolo sulla scia di sangue lasciata da Feher si arricchisce di nuovi elementi. I carabinieri del Ris di Parma hanno concluso gli accertamenti su alcuni degli oggetti ritrovati quella sera sul Fiorino abbandonato prima della fuga: una mappa del cielo, un opuscolo per studiare i geroglifici con all’interno un foglietto per imparare il linguaggio morse, ma anche due copie della Settimana Enigmistica del 2000 e una bottiglia di ‘Limoncetta di Sorrento’. Oggetti su cui gli investigatori hanno isolato nove impronte digitali riconducibili agli alias del serbo. Dalla relazione degli specialisti dell’Arma depositata a maggio si evince anche che su un dizionario italiano-spagnolo, oltre ad impronte di Igor, è stata repertata un’unica traccia riconducibile a un altro pregiudicato presente negli archivi. Si tratta di un dominicano ascoltato qualche tempo fa sui rapporti con il latitante e tenuto sotto controllo, senza però che emergessero elementi utili a rintracciare il killer.